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UNA  META  RAGGIUNTA!
Il giorno tanto atteso è arrivato e dopo alcune ore di auto io, Beppe e Gino giungiamo in Val di Genova, da dove partiamo con l’obiettivo di raggiungere la vetta dell’Adamello a quota 3554 m. 
Affrontiamo il sentiero del Mandrone e, per circa un’ora, siamo favoriti dal tempo. Improvvisamente il cielo si riempie di nubi influendo sul nostro umore; purtroppo inizia a piovere, quindi decidiamo di accelerare il passo per raggiungere il Rifugio “Città di Trento” dove dobbiamo trascorrere la notte. Infreddoliti, bagnati e preoccupati per il brutto tempo, entriamo nel rifugio e ci mettiamo vestiti asciutti. Grazie ad un’ottima cena ci rallegriamo nuovamente e scambiamo due parole con i presenti. Dopo una nottata tranquilla e un’abbondante colazione, alle 5 siamo pronti a partire con un obiettivo in  testa: la vetta dell’Adamello. 
Giunti ai piedi del ghiacciaio veniamo colti da un senso di sconforto nel vedere il suo triste aspetto: crepacci, seracchi, ghiaccio sporco e consumato dal sole. Con determinazione, recuperiamo le forze e partiamo per affrontare il Pian di Neve; il tempo è buono, ma il caldo ha sciolto la superficie del ghiacciaio  ormai ridotta ad una poltiglia nella quale affondiamo. Verso mezzogiorno il tempo peggiora e la pressione si abbassa causandomi un forte mal di montagna. Siamo alle pendici del-
l’Adamello che ci osserva maestoso, ma le mie condizioni fisiche non mi consentono di proseguire e, dopo un rapido consulto, decidiamo di tornare indietro per raggiungere il Rifugio “Ai Caduti dell’Adamello” dove ci aspettano un pasto caldo e una stanza per la notte. Giunti al rifugio, tutta la stanchezza si fa sentire e perdura fino all’ora di cena quando la tanto attesa pastasciutta ci ritempra il fisico e la mente. 
Un’improvvisa idea ci coglie: e se domani ritentassimo la salita alla vetta? Inizialmente sono scettico, visto il mal di gambe che mi tormenta, ma Beppe e Gino mi assicurano che è possibile, così stabiliamo il programma per la giornata. Andiamo a dormire presto e alle 4.15 siamo svegli per la colazione e la preparazione degli zaini. Alle 5.30, con diverse altre cordate, partiamo per l’Adamello e, grazie ad un manto ghiacciato sul quale i ramponi hanno vita facile, raggiungiamo rapidamente la vetta, precedendo anche altri che sembravano più allenati. Sono in cima al mondo! Questo è il primo pensiero che mi coglie quando, girando lo sguardo a 360°, vedo paesaggi imponenti e maestosi: il ghiacciaio dell’Adamello con le orme di chi è salito in vetta, simboli della loro fatica e della loro tenacia, le vette, i ghiacciai circostanti, la neve, le pietre, la vegetazione lontana, molti metri sotto di noi. 
La sensazione che provo è di totale libertà, immerso nel silenzio appagante della quota, la soddisfazione per aver sfidato i miei limiti ed aver vinto la sfida. Ci complimentiamo vicendevolmente per aver raggiunto l’obiettivo e, dopo una breve pausa, ripartiamo per tornare all’auto. 
La discesa è infinita, sui pendii del Matarot affrontiamo il massimo sforzo di questi tre giorni, ma, alla fine, raggiungiamo la Val di Genova e la gioia può esprimersi. Sognavo di salire in vetta all’Adamello fin da bambino e devo ringraziare Beppe e Gino che hanno sopportato la  mia inesperienza e il C.A.I. che mi sta dando modo di esprimere la mia passione per la montagna. 
Grazie.                                                                                        Marco E.