Questa estate, io e mio marito abbiamo avuto l’opportunità di passare alcuni giorni in un paesino vicino ad Ortisei, e tra le varie escursioni che ci eravamo proposti c’era proprio il rifugio Antermoia. Purtroppo in luglio c’era ancora parecchia neve e ciò ci aveva fatto desistere dal nostro intento. Rimaneva comunque un’altra ottima possibilità: aderire all’escursione del C.A.I. prevista per i giorni 5 e 6 settembre. | ||||||||||||||||||||
Andare con il C.A.I. significava andare con la sicurezza di essere affiancati da persone competenti, pronte a darti consigli, suggerimenti ed anche aiuti. Era un’occasione da prendere al volo. Al momento dell’iscrizione, io ero ancora indecisa se fare la ferrata o il sentiero normale, avrei riflettuto. Il desiderio di provare la via ferrata era comunque vivo: la descrizione di chi l’aveva già fatta e le immagini prese da internet hanno contribuito alla decisione in questo senso.
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Le previsioni meteo erano ottime. La mattina del 5, infatti, il cielo è terso, di un azzurro quasi ceruleo, senza la minima ombra di nuvole all’orizzonte, ideale per la nostra escursione nel cuore delle Dolomiti, le montagne più belle e colorate del mondo. Appena scesi dalla funivia, fin dai primi passi, cominciamo ad apprezzare il paesaggio che ci si presenta e il piacere del semplice camminare contemplando la bellezza di quelle guglie che sembrano monumentali opere di architettura.
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Un ambiente fantastico che va mutando in continuazione ci fa dimenticare la fatica e ci accompagna fino ai piedi delle Torri del Vajolet e poi fino ai Rifugi Re Alberto e Santner. Qui ci troviamo immersi in un’altra dimensione, quasi magica, come sospesi tra cielo e terra. Questa prima splendida giornata termina nella calda atmosfera del rifugio, e all’insegna della convivialità. |
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Le prime luci dell’alba seguente ci fanno intravedere, dalla finestra della nostra camera, quelle colossali pareti bianche che vanno man mano tingendosi di un rosa sempre più intenso. E, davanti a quello spettacolo, non può che venirmi in mente la leggenda di RE LAURINO che aveva il suo giardino di rose sul Catinaccio. Re
Laurino in
seguito ad un amore Dopo un’abbondante colazione si parte: la temperatura è vicina allo zero, il freddo punge i nostri visi. Fortunatamente il sentiero è comodo, sale dolcemente fino ai piedi del Rifugio Principe. Qui il gruppo si divide. Alcuni faranno la via ferrata, altri il sentiero attraverso il passo. Comunque tutti ci ritroveremo alla stessa meta: il Rifugio Antermoia. |
Io,
emozionata, mi metto l’imbraco Il percorso non è particolarmente difficile, ma spigoloso e ricco di dislivelli. Ogni tanto ci fermiamo per apprezzare il paesaggio che si va man mano allargando davanti ai nostri occhi. Ben presto una stretta ed aerea crestina montuosa ci divide dalla vetta. Un altro emozionante brivido e siamo alla croce, a quota 3004. Capisco che ce l’ho fatta dai sorrisi e dalle congratulazioni dei miei compagni di viaggio. Vivo delle sensazioni ed emozioni difficili da descrivere: ringrazio il cielo per tanta bellezza del creato. La magia del paesaggio cattura il mio sguardo che si perde lontano: ecco i ghiacciai dell’Adamello e della Presanella, il Pordoi, la Marmolada, Tre Cime di Lavaredo, Tofane, Antelao, Pelmo, Civetta, Cinque Torri …e sotto di noi il laghetto ed il Rifugio Antermoia…
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Si riparte, scendiamo con attenzione cercando di seguire i movimenti di chi ci guida. Ora davanti a noi si stende una lunga e sabbiosa vallata; sembrerebbe un paesaggio quasi lunare se non fosse per quel piccolo laghetto turchese che rispecchia le imponenti cime che lo circondano. Al rifugio ci ricongiungiamo con il resto del gruppo; è tutto uno scambiarsi di descrizioni, di emozioni e sensazioni. Ma le sorprese del paesaggio montano non sono ancora finite: attraversiamo una lunga e verde vallata dove la natura è ancora protagonista assoluta e ci circonda con i suoi silenzi e con la sua mutevole seducente bellezza. Sul pullman rivivo tutto questo e sono contenta che le Dolomiti siano state riconosciute dall’UNESCO “patrimonio dell’umanità”, per la loro straordinaria bellezza, e noi abbiamo il dovere di conservare con cura questo patrimonio perché anche le generazioni future lo possano ammirare e godere.
Gabriella M. |
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