L’IPOSSIA
 

PATOLOGIE LEGATE ALLA QUOTA

E LORO TRATTAMENTO

SI PUÒ PREVENIRE

L’AMS?

Per una prevenzione efficace dell’AMS, dell’edema cerebrale e dell’edema polmonare si consiglia un’ascesa lenta, che non superi i 300 metri di dislivello al giorno. 
Un’attività alpinistica regolare svolta sopra i 2500 metri, durante i mesi che precedono il soggiorno in alta quota, permette di accelerare i tempi di salita: trascorrere 9 o più notti tra 2500 e 4500 m nei trenta giorni che precedono una spedizione o trekking in alta quota consente di ridurre in modo significativo il rischio di AMS e, se questa si manifesta, di ridurne la gravità.
Se un’adeguata acclimatazione non fosse possibile oppure, se malgrado l’accurata acclimatazione, si è ancora soggetti all’AMS si può ricorrere ad una profilassi farmacologica con acetazolamide (Diamox) 250 - 500 mg al giorno per tutta la durata dell’ascensione.


TERAPIA 
DELL’AMS


Nel trattamento dell’ AMS conclamata il farmaco di scelta è il desametazone (Decadron,
Soldesam), alla dose iniziale di 8 mg, seguito poi da 4 mg
ogni 6 ore. Ha una grossa efficacia nel ridurre la sintomatologia, ma non modifica le anomalie fisiopatologiche dell’organismo in quota: per tale motivo la rapida discesa di quota è imperativa e va immediatamente effettuata nei casi più gravi.



Il sacco iperbarico è sicuramente il mezzo ideale per trattare tutte le patologie da non
adattamento alla quota; il suo
principio consiste nel porre il
soggetto sofferente in un ambiente pressurizzato (il che equivale ad una perdita immediata di quota).

Per quanto riguarda l’ edema polmonare il farmaco d’elezione è la nifedipina(Adalatretard):se un alpinista sa di essere stato vittima in precedenza di un HAPE, è consigliabile una profilassi con nifedipina 20 mg x 3, iniziata 24 ore prima dell’ascesa e proseguita fino al ritorno.

In ogni caso, le buone possibilità terapeutiche non devono
far dimenticare a nessuno che
un alpinista colpito da AMS, HACE o HAPE va sempre, non appena possibile, accompagnato o trasportato alla quota più bassa possibile: il successo, temporaneo, della terapia non deve indurre a continuare un’avventura in quota insensata e assai pericolosa.
Per una prevenzione efficace dell’AMS, dell’edema cerebrale e dell’edema polmonare si consiglia un’ascesa lenta, che non superi i 300 metri di dislivello al giorno. 
Un’attività alpinistica regolare svolta sopra i 2500 metri, durante i mesi che precedono il soggiorno in alta quota, permette di accelerare i tempi di salita: trascorrere 9 o più notti tra 2500 e 4500 m nei trenta giorni che precedono una spedizione o trekking in alta quota consente di ridurre in modo significativo il rischio di AMS e, se questa si manifesta, di ridurne la gravità.
Se un’adeguata acclimatazione non fosse possibile oppure, se malgrado l’accurata acclimatazione, si è ancora soggetti all’AMS si può ricorrere ad una profilassi farmacologica con acetazolamide (Diamox) 250 - 500 mg al giorno per tutta la durata dell’ascensione.


TERAPIA 
DELL’AMS


Nel trattamento dell’ AMS conclamata il farmaco di scelta è il desametazone (Decadron,
Soldesam), alla dose iniziale di 8 mg, seguito poi da 4 mg
ogni 6 ore. Ha una grossa efficacia nel ridurre la sintomatologia, ma non modifica le anomalie fisiopatologiche dell’organismo in quota: per tale motivo la rapida discesa di quota è imperativa e va immediatamente effettuata nei casi più gravi.



Il sacco iperbarico è sicuramente il mezzo ideale per trattare tutte le patologie da non
adattamento alla quota; il suo
principio consiste nel porre il
soggetto sofferente in un ambiente pressurizzato (il che equivale ad una perdita immediata di quota).

Per quanto riguarda l’ edema polmonare il farmaco d’elezione è la nifedipina(Adalatretard):se un alpinista sa di essere stato vittima in precedenza di un HAPE, è consigliabile una profilassi con nifedipina 20 mg x 3, iniziata 24 ore prima dell’ascesa e proseguita fino al ritorno.

In ogni caso, le buone possibilità terapeutiche non devono
far dimenticare a nessuno che
un alpinista colpito da AMS, HACE o HAPE va sempre, non appena possibile, accompagnato o trasportato alla quota più bassa possibile: il successo, temporaneo, della terapia non deve indurre a continuare un’avventura in quota insensata e assai pericolosa.
Per una prevenzione efficace dell’AMS, dell’edema cerebrale e dell’edema polmonare si consiglia un’ascesa lenta, che non superi i 300 metri di dislivello al giorno. 
Un’attività alpinistica regolare svolta sopra i 2500 metri, durante i mesi che precedono il soggiorno in alta quota, permette di accelerare i tempi di salita: trascorrere 9 o più notti tra 2500 e 4500 m nei trenta giorni che precedono una spedizione o trekking in alta quota consente di ridurre in modo significativo il rischio di AMS e, se questa si manifesta, di ridurne la gravità.
Se un’adeguata acclimatazione non fosse possibile oppure, se malgrado l’accurata acclimatazione, si è ancora soggetti all’AMS si può ricorrere ad una profilassi farmacologica con acetazolamide (Diamox) 250 - 500 mg al giorno per tutta la durata dell’ascensione.


TERAPIA 
DELL’AMS


Nel trattamento dell’ AMS conclamata il farmaco di scelta è il desametazone (Decadron,
Soldesam), alla dose iniziale di 8 mg, seguito poi da 4 mg
ogni 6 ore. Ha una grossa efficacia nel ridurre la sintomatologia, ma non modifica le anomalie fisiopatologiche dell’organismo in quota: per tale motivo la rapida discesa di quota è imperativa e va immediatamente effettuata nei casi più gravi.



Il sacco iperbarico è sicuramente il mezzo ideale per trattare tutte le patologie da non
adattamento alla quota; il suo
principio consiste nel porre il
soggetto sofferente in un ambiente pressurizzato (il che equivale ad una perdita immediata di quota).

Per quanto riguarda l’ edema polmonare il farmaco d’elezione è la nifedipina(Adalatretard):se un alpinista sa di essere stato vittima in precedenza di un HAPE, è consigliabile una profilassi con nifedipina 20 mg x 3, iniziata 24 ore prima dell’ascesa e proseguita fino al ritorno.

In ogni caso, le buone possibilità terapeutiche non devono
far dimenticare a nessuno che
un alpinista colpito da AMS, HACE o HAPE va sempre, non appena possibile, accompagnato o trasportato alla quota più bassa possibile: il successo, temporaneo, della terapia non deve indurre a continuare un’avventura in quota insensata e assai pericolosa.