PASUBIO, 1916




Frotte allegre di turisti sbucano dalla 52^ galleria di questa celeberrima strada, costruita in soli undici mesi, uno dei tanti assurdi miracoli prodotti dalle guerre sulle nostre montagne.
Sbucano allegri e sudati, qualcuno un po’ stravolto, con cani e bambini, e riempiono di vita questa bellissima montagna, così aperta e luminosa.
E’ difficile pensare che proprio qui, su questa montagna, in una sola tragica giornata di luglio del 1916, caddero più di 3200 uomini in una inutile battaglia. Poi cambiarono strategia, ma forse non occorreva essere generali per arrivarci, e si misero a scavare buchi. Per tutti i due anni successivi, fino all’armistizio, si combattè sul Pasubio una guerra sotterranea, assurda, estenuante, inutile, che ha lasciato solo resti spettacolari, come questa famosa strada delle 52 gallerie.















I crateri lasciati dalle bombe sono dolci depressioni verdi, dove pascolano le pecore e le api ronzano tra i fiori; i gitanti della domenica nemmeno se ne accorgono. La montagna sa guarire le sue ferite, ma le cicatrici restano, profonde, immutabili, malinconiche nella serenità dei luoghi.
Tutti questi fiori, il profumo dell’erba: sarà stato così anche allora? Chissà se qualche soldatino, suddito di Cecco Beppe o di Sciaboletta, non fa differenza; chissà se nell’ombra cupa del suo futuro incerto, avrà trovato in una stella alpina, nel rododendro in fiore, qualche momento di pace, di speranza.
Cantavano gli Alpini: “…perché se cade – in mezzo ai fiori – non gli importa – di morir…” 
Balle, tutte balle, come l’infame retorica di regime scolpita nelle lapidi. Quali eroi, in quella guerra fra topi? Rassegnazione, tanta; ma l’unico eroismo consisteva nel non perdere la propria dignità di uomini.

Siano benvenuti allora tutti gli escursionisti che sbucano allegri alle Porte del Pasubio dalla 52^ galleria, e anche tutti gli altri che salgono dagli Scarubbi e dalla Val Canale.
Il vicino rifugio ci accoglie con quintali di polenta e salsicce ed ettolitri di birra e di buon Valpolicella. Riempiamo di vita anche oggi questa bella montagna, che se lo merita. E nascondiamo solo per un attimo l’unico vero sentimento che dobbiamo provare per luoghi come questo, per tutte le montagne offese dalle guerre: una grande, immensa, profonda pietà.
					                Sandro F.
 



Frotte allegre di turisti sbucano dalla 52^ galleria di questa celeberrima strada, costruita in soli undici mesi, uno dei tanti assurdi miracoli prodotti dalle guerre sulle nostre montagne.
Sbucano allegri e sudati, qualcuno un po’ stravolto, con cani e bambini, e riempiono di vita questa bellissima montagna, così aperta e luminosa.
E’ difficile pensare che proprio qui, su questa montagna, in una sola tragica giornata di luglio del 1916, caddero più di 3200 uomini in una inutile battaglia. Poi cambiarono strategia, ma forse non occorreva essere generali per arrivarci, e si misero a scavare buchi. Per tutti i due anni successivi, fino all’armistizio, si combattè sul Pasubio una guerra sotterranea, assurda, estenuante, inutile, che ha lasciato solo resti spettacolari, come questa famosa strada delle 52 gallerie.















I crateri lasciati dalle bombe sono dolci depressioni verdi, dove pascolano le pecore e le api ronzano tra i fiori; i gitanti della domenica nemmeno se ne accorgono. La montagna sa guarire le sue ferite, ma le cicatrici restano, profonde, immutabili, malinconiche nella serenità dei luoghi.
Tutti questi fiori, il profumo dell’erba: sarà stato così anche allora? Chissà se qualche soldatino, suddito di Cecco Beppe o di Sciaboletta, non fa differenza; chissà se nell’ombra cupa del suo futuro incerto, avrà trovato in una stella alpina, nel rododendro in fiore, qualche momento di pace, di speranza.
Cantavano gli Alpini: “…perché se cade – in mezzo ai fiori – non gli importa – di morir…” 
Balle, tutte balle, come l’infame retorica di regime scolpita nelle lapidi. Quali eroi, in quella guerra fra topi? Rassegnazione, tanta; ma l’unico eroismo consisteva nel non perdere la propria dignità di uomini.

Siano benvenuti allora tutti gli escursionisti che sbucano allegri alle Porte del Pasubio dalla 52^ galleria, e anche tutti gli altri che salgono dagli Scarubbi e dalla Val Canale.
Il vicino rifugio ci accoglie con quintali di polenta e salsicce ed ettolitri di birra e di buon Valpolicella. Riempiamo di vita anche oggi questa bella montagna, che se lo merita. E nascondiamo solo per un attimo l’unico vero sentimento che dobbiamo provare per luoghi come questo, per tutte le montagne offese dalle guerre: una grande, immensa, profonda pietà.
					                Sandro F.



Frotte allegre di turisti sbucano dalla 52^ galleria di questa celeberrima strada, costruita in soli undici mesi, uno dei tanti assurdi miracoli prodotti dalle guerre sulle nostre montagne.
Sbucano allegri e sudati, qualcuno un po’ stravolto, con cani e bambini, e riempiono di vita questa bellissima montagna, così aperta e luminosa.
E’ difficile pensare che proprio qui, su questa montagna, in una sola tragica giornata di luglio del 1916, caddero più di 3200 uomini in una inutile battaglia. Poi cambiarono strategia, ma forse non occorreva essere generali per arrivarci, e si misero a scavare buchi. Per tutti i due anni successivi, fino all’armistizio, si combattè sul Pasubio una guerra sotterranea, assurda, estenuante, inutile, che ha lasciato solo resti spettacolari, come questa famosa strada delle 52 gallerie.















I crateri lasciati dalle bombe sono dolci depressioni verdi, dove pascolano le pecore e le api ronzano tra i fiori; i gitanti della domenica nemmeno se ne accorgono. La montagna sa guarire le sue ferite, ma le cicatrici restano, profonde, immutabili, malinconiche nella serenità dei luoghi.
Tutti questi fiori, il profumo dell’erba: sarà stato così anche allora? Chissà se qualche soldatino, suddito di Cecco Beppe o di Sciaboletta, non fa differenza; chissà se nell’ombra cupa del suo futuro incerto, avrà trovato in una stella alpina, nel rododendro in fiore, qualche momento di pace, di speranza.
Cantavano gli Alpini: “…perché se cade – in mezzo ai fiori – non gli importa – di morir…” 
Balle, tutte balle, come l’infame retorica di regime scolpita nelle lapidi. Quali eroi, in quella guerra fra topi? Rassegnazione, tanta; ma l’unico eroismo consisteva nel non perdere la propria dignità di uomini.

Siano benvenuti allora tutti gli escursionisti che sbucano allegri alle Porte del Pasubio dalla 52^ galleria, e anche tutti gli altri che salgono dagli Scarubbi e dalla Val Canale.
Il vicino rifugio ci accoglie con quintali di polenta e salsicce ed ettolitri di birra e di buon Valpolicella. Riempiamo di vita anche oggi questa bella montagna, che se lo merita. E nascondiamo solo per un attimo l’unico vero sentimento che dobbiamo provare per luoghi come questo, per tutte le montagne offese dalle guerre: una grande, immensa, profonda pietà.
					                Sandro F.



Frotte allegre di turisti sbucano dalla 52^ galleria di questa celeberrima strada, costruita in soli undici mesi, uno dei tanti assurdi miracoli prodotti dalle guerre sulle nostre montagne.
Sbucano allegri e sudati, qualcuno un po’ stravolto, con cani e bambini, e riempiono di vita questa bellissima montagna, così aperta e luminosa.
E’ difficile pensare che proprio qui, su questa montagna, in una sola tragica giornata di luglio del 1916, caddero più di 3200 uomini in una inutile battaglia. Poi cambiarono strategia, ma forse non occorreva essere generali per arrivarci, e si misero a scavare buchi. Per tutti i due anni successivi, fino all’armistizio, si combattè sul Pasubio una guerra sotterranea, assurda, estenuante, inutile, che ha lasciato solo resti spettacolari, come questa famosa strada delle 52 gallerie.















I crateri lasciati dalle bombe sono dolci depressioni verdi, dove pascolano le pecore e le api ronzano tra i fiori; i gitanti della domenica nemmeno se ne accorgono. La montagna sa guarire le sue ferite, ma le cicatrici restano, profonde, immutabili, malinconiche nella serenità dei luoghi.
Tutti questi fiori, il profumo dell’erba: sarà stato così anche allora? Chissà se qualche soldatino, suddito di Cecco Beppe o di Sciaboletta, non fa differenza; chissà se nell’ombra cupa del suo futuro incerto, avrà trovato in una stella alpina, nel rododendro in fiore, qualche momento di pace, di speranza.
Cantavano gli Alpini: “…perché se cade – in mezzo ai fiori – non gli importa – di morir…” 
Balle, tutte balle, come l’infame retorica di regime scolpita nelle lapidi. Quali eroi, in quella guerra fra topi? Rassegnazione, tanta; ma l’unico eroismo consisteva nel non perdere la propria dignità di uomini.

Siano benvenuti allora tutti gli escursionisti che sbucano allegri alle Porte del Pasubio dalla 52^ galleria, e anche tutti gli altri che salgono dagli Scarubbi e dalla Val Canale.
Il vicino rifugio ci accoglie con quintali di polenta e salsicce ed ettolitri di birra e di buon Valpolicella. Riempiamo di vita anche oggi questa bella montagna, che se lo merita. E nascondiamo solo per un attimo l’unico vero sentimento che dobbiamo provare per luoghi come questo, per tutte le montagne offese dalle guerre: una grande, immensa, profonda pietà.
					                Sandro F.



Frotte allegre di turisti sbucano dalla 52^ galleria di questa celeberrima strada, costruita in soli undici mesi, uno dei tanti assurdi miracoli prodotti dalle guerre sulle nostre montagne.
Sbucano allegri e sudati, qualcuno un po’ stravolto, con cani e bambini, e riempiono di vita questa bellissima montagna, così aperta e luminosa.
E’ difficile pensare che proprio qui, su questa montagna, in una sola tragica giornata di luglio del 1916, caddero più di 3200 uomini in una inutile battaglia. Poi cambiarono strategia, ma forse non occorreva essere generali per arrivarci, e si misero a scavare buchi. Per tutti i due anni successivi, fino all’armistizio, si combattè sul Pasubio una guerra sotterranea, assurda, estenuante, inutile, che ha lasciato solo resti spettacolari, come questa famosa strada delle 52 gallerie.















I crateri lasciati dalle bombe sono dolci depressioni verdi, dove pascolano le pecore e le api ronzano tra i fiori; i gitanti della domenica nemmeno se ne accorgono. La montagna sa guarire le sue ferite, ma le cicatrici restano, profonde, immutabili, malinconiche nella serenità dei luoghi.
Tutti questi fiori, il profumo dell’erba: sarà stato così anche allora? Chissà se qualche soldatino, suddito di Cecco Beppe o di Sciaboletta, non fa differenza; chissà se nell’ombra cupa del suo futuro incerto, avrà trovato in una stella alpina, nel rododendro in fiore, qualche momento di pace, di speranza.
Cantavano gli Alpini: “…perché se cade – in mezzo ai fiori – non gli importa – di morir…” 
Balle, tutte balle, come l’infame retorica di regime scolpita nelle lapidi. Quali eroi, in quella guerra fra topi? Rassegnazione, tanta; ma l’unico eroismo consisteva nel non perdere la propria dignità di uomini.

Siano benvenuti allora tutti gli escursionisti che sbucano allegri alle Porte del Pasubio dalla 52^ galleria, e anche tutti gli altri che salgono dagli Scarubbi e dalla Val Canale.
Il vicino rifugio ci accoglie con quintali di polenta e salsicce ed ettolitri di birra e di buon Valpolicella. Riempiamo di vita anche oggi questa bella montagna, che se lo merita. E nascondiamo solo per un attimo l’unico vero sentimento che dobbiamo provare per luoghi come questo, per tutte le montagne offese dalle guerre: una grande, immensa, profonda pietà.
					                Sandro F.



Frotte allegre di turisti sbucano dalla 52^ galleria di questa celeberrima strada, costruita in soli undici mesi, uno dei tanti assurdi miracoli prodotti dalle guerre sulle nostre montagne.
Sbucano allegri e sudati, qualcuno un po’ stravolto, con cani e bambini, e riempiono di vita questa bellissima montagna, così aperta e luminosa.
E’ difficile pensare che proprio qui, su questa montagna, in una sola tragica giornata di luglio del 1916, caddero più di 3200 uomini in una inutile battaglia. Poi cambiarono strategia, ma forse non occorreva essere generali per arrivarci, e si misero a scavare buchi. Per tutti i due anni successivi, fino all’armistizio, si combattè sul Pasubio una guerra sotterranea, assurda, estenuante, inutile, che ha lasciato solo resti spettacolari, come questa famosa strada delle 52 gallerie.















I crateri lasciati dalle bombe sono dolci depressioni verdi, dove pascolano le pecore e le api ronzano tra i fiori; i gitanti della domenica nemmeno se ne accorgono. La montagna sa guarire le sue ferite, ma le cicatrici restano, profonde, immutabili, malinconiche nella serenità dei luoghi.
Tutti questi fiori, il profumo dell’erba: sarà stato così anche allora? Chissà se qualche soldatino, suddito di Cecco Beppe o di Sciaboletta, non fa differenza; chissà se nell’ombra cupa del suo futuro incerto, avrà trovato in una stella alpina, nel rododendro in fiore, qualche momento di pace, di speranza.
Cantavano gli Alpini: “…perché se cade – in mezzo ai fiori – non gli importa – di morir…” 
Balle, tutte balle, come l’infame retorica di regime scolpita nelle lapidi. Quali eroi, in quella guerra fra topi? Rassegnazione, tanta; ma l’unico eroismo consisteva nel non perdere la propria dignità di uomini.

Siano benvenuti allora tutti gli escursionisti che sbucano allegri alle Porte del Pasubio dalla 52^ galleria, e anche tutti gli altri che salgono dagli Scarubbi e dalla Val Canale.
Il vicino rifugio ci accoglie con quintali di polenta e salsicce ed ettolitri di birra e di buon Valpolicella. Riempiamo di vita anche oggi questa bella montagna, che se lo merita. E nascondiamo solo per un attimo l’unico vero sentimento che dobbiamo provare per luoghi come questo, per tutte le montagne offese dalle guerre: una grande, immensa, profonda pietà.
					                Sandro F.