IL COORDINATORE
IL COORDINATORE

(Un’escursione qualsiasi)

Sono le 5 del mattino.   Da poco ha smesso di piovere, ma il cielo incombe con una cappa nera.
Tutti in pullman, ci si saluta e subito la metà si addormenta fino alla sosta per la colazione.
Ricomincia a piovere violentemente; c’è comunque ottimismo perché le previsioni del tempo danno schiarite nel pomeriggio.   Non si pensava però d’incappare in una perturbazione nevosa già a 1800 metri, a Luglio.
Aspettiamo un poco in pullman ed a mezzogiorno è ora d’incamminarsi verso il prenotato rifugio a 2450 metri, con la preoccupazione di come potrà essere lo strato della neve in quota.
Alla prima sosta, vista la scarsa capienza del punto di ristoro, c’è già chi vuol proseguire perché non ha fame…..e poi il percorso lo conosce.   Si forma quindi un secondo gruppo assistito, mentre il resto seguirà chiuso dalla “scopa”.

L’arrivo al rifugio avviene alla spicciolata e bisogna sistemare i soci, parte nelle camerette, parte nel camerone.   Solo allora ci si potrà cambiare e bere qualcosa di caldo.



















La cena è servita presto; si ride alle barzellette, si beve e si canta, e intanto c’è chi incassa le quote della mezza pensione, verifica i conti e passa dal gestore, con la compagnia che diventa sempre più allegra e rumorosa.   Rimane solo il tempo di un grappino prima della ritirata.
Al mattino la conta (qualcuno è sempre in ritardo) e si parte di buona lena, con i mastini pronti ad azzannarti i calcagni, allorché la radiolina gracchia di rallentare perché la fila si sta allungando troppo.













































Breve sosta per ricompattarsi, discesa con cautela su tratti ancora ghiacciati e alcuni azzardano il sorpasso ormai in vista del secondo rifugio.
Si procede abbastanza uniti prima della fermata per il pranzo, ma alla ripartenza il ritmo cala notevolmente nelle retrovie, mentre la meta finale mette le ali ai piedi di un gruppo che chiede di sganciarsi per arrivare più in fretta.   Permesso concesso e, quando il coordinatore si volta, trova 
alcuni compagni distanziati fra loro, quasi volessero rimanere soli con la propria intimità; oppure è stanchezza, o la nostalgia dei panorami ancora impressi nella mente.
In ogni caso l’escursione è giunta al termine senza problemi e la cena in autostrada trova un formidabile appetito.
Ancora qualche canto, poi il pensiero va agli affetti famigliari.
I ringraziamenti, contraccambiati, ripagano dell’impegno profuso. Appunti e critiche si sopporteranno, eventualmente, come si è portato lo zaino per due giorni.
Comunque, grazie di nuovo e…..”arrivederci alla prossima”.
                                                                                                                               		                   Giorgio M.

Sono le 5 del mattino.   Da poco ha smesso di piovere, ma il cielo incombe con una cappa nera.
Tutti in pullman, ci si saluta e subito la metà si addormenta fino alla sosta per la colazione.
Ricomincia a piovere violentemente; c’è comunque ottimismo perché le previsioni del tempo danno schiarite nel pomeriggio.   Non si pensava però d’incappare in una perturbazione nevosa già a 1800 metri, a Luglio.
Aspettiamo un poco in pullman ed a mezzogiorno è ora d’incamminarsi verso il prenotato rifugio a 2450 metri, con la preoccupazione di come potrà essere lo strato della neve in quota.
Alla prima sosta, vista la scarsa capienza del punto di ristoro, c’è già chi vuol proseguire perché non ha fame…..e poi il percorso lo conosce.   Si forma quindi un secondo gruppo assistito, mentre il resto seguirà chiuso dalla “scopa”.

L’arrivo al rifugio avviene alla spicciolata e bisogna sistemare i soci, parte nelle camerette, parte nel camerone.   Solo allora ci si potrà cambiare e bere qualcosa di caldo.



















La cena è servita presto; si ride alle barzellette, si beve e si canta, e intanto c’è chi incassa le quote della mezza pensione, verifica i conti e passa dal gestore, con la compagnia che diventa sempre più allegra e rumorosa.   Rimane solo il tempo di un grappino prima della ritirata.
Al mattino la conta (qualcuno è sempre in ritardo) e si parte di buona lena, con i mastini pronti ad azzannarti i calcagni, allorché la radiolina gracchia di rallentare perché la fila si sta allungando troppo.













































Breve sosta per ricompattarsi, discesa con cautela su tratti ancora ghiacciati e alcuni azzardano il sorpasso ormai in vista del secondo rifugio.
Si procede abbastanza uniti prima della fermata per il pranzo, ma alla ripartenza il ritmo cala notevolmente nelle retrovie, mentre la meta finale mette le ali ai piedi di un gruppo che chiede di sganciarsi per arrivare più in fretta.   Permesso concesso e, quando il coordinatore si volta, trova 
alcuni compagni distanziati fra loro, quasi volessero rimanere soli con la propria intimità; oppure è stanchezza, o la nostalgia dei panorami ancora impressi nella mente.
In ogni caso l’escursione è giunta al termine senza problemi e la cena in autostrada trova un formidabile appetito.
Ancora qualche canto, poi il pensiero va agli affetti famigliari.
I ringraziamenti, contraccambiati, ripagano dell’impegno profuso. Appunti e critiche si sopporteranno, eventualmente, come si è portato lo zaino per due giorni.
Comunque, grazie di nuovo e…..”arrivederci alla prossima”.
                                                                                                                               		                   Giorgio M.

Sono le 5 del mattino.   Da poco ha smesso di piovere, ma il cielo incombe con una cappa nera.
Tutti in pullman, ci si saluta e subito la metà si addormenta fino alla sosta per la colazione.
Ricomincia a piovere violentemente; c’è comunque ottimismo perché le previsioni del tempo danno schiarite nel pomeriggio.   Non si pensava però d’incappare in una perturbazione nevosa già a 1800 metri, a Luglio.
Aspettiamo un poco in pullman ed a mezzogiorno è ora d’incamminarsi verso il prenotato rifugio a 2450 metri, con la preoccupazione di come potrà essere lo strato della neve in quota.
Alla prima sosta, vista la scarsa capienza del punto di ristoro, c’è già chi vuol proseguire perché non ha fame…..e poi il percorso lo conosce.   Si forma quindi un secondo gruppo assistito, mentre il resto seguirà chiuso dalla “scopa”.

L’arrivo al rifugio avviene alla spicciolata e bisogna sistemare i soci, parte nelle camerette, parte nel camerone.   Solo allora ci si potrà cambiare e bere qualcosa di caldo.



















La cena è servita presto; si ride alle barzellette, si beve e si canta, e intanto c’è chi incassa le quote della mezza pensione, verifica i conti e passa dal gestore, con la compagnia che diventa sempre più allegra e rumorosa.   Rimane solo il tempo di un grappino prima della ritirata.
Al mattino la conta (qualcuno è sempre in ritardo) e si parte di buona lena, con i mastini pronti ad azzannarti i calcagni, allorché la radiolina gracchia di rallentare perché la fila si sta allungando troppo.













































Breve sosta per ricompattarsi, discesa con cautela su tratti ancora ghiacciati e alcuni azzardano il sorpasso ormai in vista del secondo rifugio.
Si procede abbastanza uniti prima della fermata per il pranzo, ma alla ripartenza il ritmo cala notevolmente nelle retrovie, mentre la meta finale mette le ali ai piedi di un gruppo che chiede di sganciarsi per arrivare più in fretta.   Permesso concesso e, quando il coordinatore si volta, trova 
alcuni compagni distanziati fra loro, quasi volessero rimanere soli con la propria intimità; oppure è stanchezza, o la nostalgia dei panorami ancora impressi nella mente.
In ogni caso l’escursione è giunta al termine senza problemi e la cena in autostrada trova un formidabile appetito.
Ancora qualche canto, poi il pensiero va agli affetti famigliari.
I ringraziamenti, contraccambiati, ripagano dell’impegno profuso. Appunti e critiche si sopporteranno, eventualmente, come si è portato lo zaino per due giorni.
Comunque, grazie di nuovo e…..”arrivederci alla prossima”.
                                                                                                                               		                   Giorgio M.
Sono le 5 del mattino.   Da poco ha smesso di piovere, ma il cielo incombe con una cappa nera.
Tutti in pullman, ci si saluta e subito la metà si addormenta fino alla sosta per la colazione.
Ricomincia a piovere violentemente; c’è comunque ottimismo perché le previsioni del tempo danno schiarite nel pomeriggio.   Non si pensava però d’incappare in una perturbazione nevosa già a 1800 metri, a Luglio.
Aspettiamo un poco in pullman ed a mezzogiorno è ora d’incamminarsi verso il prenotato rifugio a 2450 metri, con la preoccupazione di come potrà essere lo strato della neve in quota.
Alla prima sosta, vista la scarsa capienza del punto di ristoro, c’è già chi vuol proseguire perché non ha fame…..e poi il percorso lo conosce.   Si forma quindi un secondo gruppo assistito, mentre il resto seguirà chiuso dalla “scopa”.

L’arrivo al rifugio avviene alla spicciolata e bisogna sistemare i soci, parte nelle camerette, parte nel camerone.   Solo allora ci si potrà cambiare e bere qualcosa di caldo.



















La cena è servita presto; si ride alle barzellette, si beve e si canta, e intanto c’è chi incassa le quote della mezza pensione, verifica i conti e passa dal gestore, con la compagnia che diventa sempre più allegra e rumorosa.   Rimane solo il tempo di un grappino prima della ritirata.
Al mattino la conta (qualcuno è sempre in ritardo) e si parte di buona lena, con i mastini pronti ad azzannarti i calcagni, allorché la radiolina gracchia di rallentare perché la fila si sta allungando troppo.













































Breve sosta per ricompattarsi, discesa con cautela su tratti ancora ghiacciati e alcuni azzardano il sorpasso ormai in vista del secondo rifugio.
Si procede abbastanza uniti prima della fermata per il pranzo, ma alla ripartenza il ritmo cala notevolmente nelle retrovie, mentre la meta finale mette le ali ai piedi di un gruppo che chiede di sganciarsi per arrivare più in fretta.   Permesso concesso e, quando il coordinatore si volta, trova 
alcuni compagni distanziati fra loro, quasi volessero rimanere soli con la propria intimità; oppure è stanchezza, o la nostalgia dei panorami ancora impressi nella mente.
In ogni caso l’escursione è giunta al termine senza problemi e la cena in autostrada trova un formidabile appetito.
Ancora qualche canto, poi il pensiero va agli affetti famigliari.
I ringraziamenti, contraccambiati, ripagano dell’impegno profuso. Appunti e critiche si sopporteranno, eventualmente, come si è portato lo zaino per due giorni.
Comunque, grazie di nuovo e…..”arrivederci alla prossima”.
                                                                                                                               		                   Giorgio M.
Sono le 5 del mattino.   Da poco ha smesso di piovere, ma il cielo incombe con una cappa nera.
Tutti in pullman, ci si saluta e subito la metà si addormenta fino alla sosta per la colazione.
Ricomincia a piovere violentemente; c’è comunque ottimismo perché le previsioni del tempo danno schiarite nel pomeriggio.   Non si pensava però d’incappare in una perturbazione nevosa già a 1800 metri, a Luglio.
Aspettiamo un poco in pullman ed a mezzogiorno è ora d’incamminarsi verso il prenotato rifugio a 2450 metri, con la preoccupazione di come potrà essere lo strato della neve in quota.
Alla prima sosta, vista la scarsa capienza del punto di ristoro, c’è già chi vuol proseguire perché non ha fame…..e poi il percorso lo conosce.   Si forma quindi un secondo gruppo assistito, mentre il resto seguirà chiuso dalla “scopa”.

L’arrivo al rifugio avviene alla spicciolata e bisogna sistemare i soci, parte nelle camerette, parte nel camerone.   Solo allora ci si potrà cambiare e bere qualcosa di caldo.



















La cena è servita presto; si ride alle barzellette, si beve e si canta, e intanto c’è chi incassa le quote della mezza pensione, verifica i conti e passa dal gestore, con la compagnia che diventa sempre più allegra e rumorosa.   Rimane solo il tempo di un grappino prima della ritirata.
Al mattino la conta (qualcuno è sempre in ritardo) e si parte di buona lena, con i mastini pronti ad azzannarti i calcagni, allorché la radiolina gracchia di rallentare perché la fila si sta allungando troppo.













































Breve sosta per ricompattarsi, discesa con cautela su tratti ancora ghiacciati e alcuni azzardano il sorpasso ormai in vista del secondo rifugio.
Si procede abbastanza uniti prima della fermata per il pranzo, ma alla ripartenza il ritmo cala notevolmente nelle retrovie, mentre la meta finale mette le ali ai piedi di un gruppo che chiede di sganciarsi per arrivare più in fretta.   Permesso concesso e, quando il coordinatore si volta, trova 
alcuni compagni distanziati fra loro, quasi volessero rimanere soli con la propria intimità; oppure è stanchezza, o la nostalgia dei panorami ancora impressi nella mente.
In ogni caso l’escursione è giunta al termine senza problemi e la cena in autostrada trova un formidabile appetito.
Ancora qualche canto, poi il pensiero va agli affetti famigliari.
I ringraziamenti, contraccambiati, ripagano dell’impegno profuso. Appunti e critiche si sopporteranno, eventualmente, come si è portato lo zaino per due giorni.
Comunque, grazie di nuovo e…..”arrivederci alla prossima”.
                                                                                                                               		                   Giorgio M.
Sono le 5 del mattino.   Da poco ha smesso di piovere, ma il cielo incombe con una cappa nera.
Tutti in pullman, ci si saluta e subito la metà si addormenta fino alla sosta per la colazione.
Ricomincia a piovere violentemente; c’è comunque ottimismo perché le previsioni del tempo danno schiarite nel pomeriggio.   Non si pensava però d’incappare in una perturbazione nevosa già a 1800 metri, a Luglio.
Aspettiamo un poco in pullman ed a mezzogiorno è ora d’incamminarsi verso il prenotato rifugio a 2450 metri, con la preoccupazione di come potrà essere lo strato della neve in quota.
Alla prima sosta, vista la scarsa capienza del punto di ristoro, c’è già chi vuol proseguire perché non ha fame…..e poi il percorso lo conosce.   Si forma quindi un secondo gruppo assistito, mentre il resto seguirà chiuso dalla “scopa”.

L’arrivo al rifugio avviene alla spicciolata e bisogna sistemare i soci, parte nelle camerette, parte nel camerone.   Solo allora ci si potrà cambiare e bere qualcosa di caldo.



















La cena è servita presto; si ride alle barzellette, si beve e si canta, e intanto c’è chi incassa le quote della mezza pensione, verifica i conti e passa dal gestore, con la compagnia che diventa sempre più allegra e rumorosa.   Rimane solo il tempo di un grappino prima della ritirata.
Al mattino la conta (qualcuno è sempre in ritardo) e si parte di buona lena, con i mastini pronti ad azzannarti i calcagni, allorché la radiolina gracchia di rallentare perché la fila si sta allungando troppo.













































Breve sosta per ricompattarsi, discesa con cautela su tratti ancora ghiacciati e alcuni azzardano il sorpasso ormai in vista del secondo rifugio.
Si procede abbastanza uniti prima della fermata per il pranzo, ma alla ripartenza il ritmo cala notevolmente nelle retrovie, mentre la meta finale mette le ali ai piedi di un gruppo che chiede di sganciarsi per arrivare più in fretta.   Permesso concesso e, quando il coordinatore si volta, trova 
alcuni compagni distanziati fra loro, quasi volessero rimanere soli con la propria intimità; oppure è stanchezza, o la nostalgia dei panorami ancora impressi nella mente.
In ogni caso l’escursione è giunta al termine senza problemi e la cena in autostrada trova un formidabile appetito.
Ancora qualche canto, poi il pensiero va agli affetti famigliari.
I ringraziamenti, contraccambiati, ripagano dell’impegno profuso. Appunti e critiche si sopporteranno, eventualmente, come si è portato lo zaino per due giorni.
Comunque, grazie di nuovo e…..”arrivederci alla prossima”.
                                                                                                                               		                   Giorgio M.