Stanotte non ce la faccio a dormi­re, troppa umanità nel pur gran­de stanzone, mi alzo ed esco sul terrazzo del rifugio, l’aria frizzan­te dell’incipiente alba mi accoglie facendo­mi rabbrividire e mi sveglia definitivamen­te.

Lo spettacolo è stupendo e indescrivibile. Gli astri in cielo brillano come non mai nell’aria tersa dell’alta quota. Non c’è luna, ma ad oriente l’indaco cupo della notte cede al vago grigiore che prelude il rosato dell’alba. Ora le stelle impallidiscono sem­pre di più. La grande parete di rocce, rotta solo qua e là da qualche chiazza di neve e dai nastri d’argento dei canalini gelati, cupa ed austera, m’incute un riverente ti­more che a tratti mi fa sentire sgomento.

Il cielo si fa sempre più chiaro. Ora le gu­glie rocciose si stagliano contro il cielo co­me gigantesca mano, tesa a proteggere il rifugio ed il laghetto coperto di lastre di ghiaccio che s’intravede ai suoi piedi, tra capricciose e lente volute di nebbia mattu­tina, che il sole più tardi fugherà.

Due gracchi rompono d’un tratto il silenzio della notte, rompendo l’incantesimo di questa irrepetibile alba. Un gruppetto di zigoli della neve arriva chissà da dove, in silenzioso volo, e comincia ad ispezionare l’assito del terrazzo in cerca di briciole, incurante della mia presenza. Anche il ri­fugio si anima. Rientro in camerata per riordinare le mie cose e per cancellare, se possibile, i segni di una notte insonne pri­ma della salita a Cima d’Asta. Vengo ac­colto con qualche frizzo sulle libagioni del­la sera e sulle grappe artigianali del gesto­re del rifugio.

Tra poco ci metteremo in marcia. Una co­sa è certa; quest’alba al Rifugio Brentari resterà impressa nei miei ricordi.

Anche questo fa parte della vita di monta­gna.

 

                                                              FRANCESCO T.

 

 

ALBA

AL

RIFUGIO