La relazione alpinistica ufficiale de­scrive un grandioso canalone ghiacciato che dalla vetta della ci­ma Tosa scende dritto e ripido a nord separando il massiccio della Tosa da quello del Crozzon; inclina­zione media 45 max 55 gradi in uscita. Dal Rifugio Brentei, posto nel gruppo delle Dolomiti di Brenta, lo si può ammirare in tutto il suo sviluppo che è di 1200 m. per 900 m. di dislivello. A salirlo la prima volta Virgilio Neri che diverrà Acca­demico del C.A.I.; alpinista prima e partigiano poi durante la Seconda Guerra Mondiale. Era il lontano lu­glio 1929. Dunque 80 anni dopo con Riccardo e Davide ci apprestia­mo a ripercorrere i suoi passi. Sia­mo a metà giugno ed il Rifugio Brentei è ancora chiuso. Ci portia­mo dunque anche la zavorra del sacco a pelo. Il rischio è che il bi­vacco invernale sia già affollato. Vero è che comunque prevediamo la sveglia alla 1.30 con marcia at­torno alle 2, ma qualche ora di ripo­so al riparo non guasta. Del resto, se vogliamo evitare eventuali scari­che di sassi dall’alto, la levataccia è d’obbligo! Durante l’avvicinamento al rifugio troviamo ancora parecchi nevai. Questo fa ben sperare sulle condizioni di innevamento del cana­le. Il meteo volge al bello, ma una fitta coltre di nubi prima e di nebbia poi ci consentono una visione par­ziale della nostra salita. Le cime si nascondono! Giunti al rifugio la vi­suale risulta sempre bloccata dalla nebbia, ma notiamo che il tratto denominato “ginocchio” è sì ghiac­ciato, ma non risulta interrotto. In estate avanzata questo tratto è molto tormentato e sul lato sinistro affiorano rocce. Davide va comun­que in avanscoperta. Tornerà sod­disfatto riferendoci di averlo intravi­sto per tutta la sua lunghezza e di averlo trovato in splendida forma. Anche il crepaccio a monte è com­pletamente chiuso.

Quest’anno le abbondanti nevicate hanno fatto davvero bene ai ghiac­ciai. Nel frattempo il bivacco si è riempito di gente e tutte hanno il nostro stesso programma. La breve notte la passo un po’ tormentata. L’impegno fisico e mentale che ci attende è notevole e la tensione non aiuta certo il riposo. Alle due siamo in marcia, prima di noi solo

altre 2 persone sono partite. Mezz’ora e siamo alla base del co­noide di neve che segna l’inizio del­la nostra salita. Piccozze e ramponi sono già ai loro posti e le condizioni della neve sembrano ottime. Ora si tratta di sintonizzare passo, braccia e respiro per ottenere una progres­sione sostenibile. Risaliamo lungo le tracce dei 2 alpinisti che ci prece­dono e questo ci evita qualche fati­ca. Giunti al tratto denominato “ginocchio”, una sottile lingua di neve ci permette di evitare il ghiac­cio vivo per parecchi metri. A parer mio la pendenza in questo tratto supera i 60 gradi. Ora siamo co­stretti a passare sul ghiaccio, sono pochi ma cruciali metri. I ramponi aiutano poco, non riescono a pene­trare nel ghiaccio, sono le piccozze il vero motore della progressione. Superato questo impegnativo tratto, raggiungiamo e superiamo i 2 alpi­nisti che ci precedevano. Ci salutia­mo e rompiamo il silenzio della not­te. Nel buio ancora denso notiamo

che alle nostre spalle altre frontali si muovono. Davide continua a con­durre la salita con un ritmo superio­re al mio che rimango leggermente attardato. Riccardo invece lo segue e ogni tanto si alterna a far traccia. Alcuni tratti sono molto duri da scal­fire ed è difficile creare un piano per poter riposare i polpacci. Arriva la luce del giorno e ormai abbiamo superato anche il pendio dove nor­malmente dovrebbe esserci il cre­paccio. L’uscita è lì in bella mostra, ma la stanchezza affiora e qualche pausa in più ci aiuta. Lo scenario ai lati ed alle nostre spalle è per dav­vero grandioso. Alle 5.40 siamo fuori dal canale ed il sole ancora basso all’orizzonte ci dà il benvenu­to. Una stretta di mano ed una foto suggellano la nostra impresa.                                                            

                              Stefano B.