Erano ormai alcuni anni che, per vari motivi, non riuscivo a portarla a termine questa escursione.
Nel 2005 era tutto programmato, ma il giorno prima della partenza sento in televisione che la via normale al Cervino è stata chiusa per frana. Nel 2007 con Sauro e Stefano siamo arrivati al Carrel, ma la neve, il ghiaccio ed il tempo in rapido peggioramento ci hanno fatto desistere. Nel 2008 invece non sono mai riuscito a far combaciare i giorni liberi con tempo stabile ed almeno un compagno disponibile. Anche quest’anno, dopo un giro di telefonate, mi stavo rassegnando quando mi sono ricordato di Riccardo che sapevo in  ferie, ma tentare non mi costava nulla. Ok, il giorno dopo rientrava  e l’idea della salita non gli dispiaceva per niente. Mi avrebbe confermato al più presto.
Ricontrollo le previsioni meteo ed il vento in quota che è sempre da valutare (3 settimane prima ci ha bloccato la traversata dei Lyskamm su quello Occidentale); è tutto al meglio, le giornate ideali sono martedì e mercoledì.
Ora devo solo decidere se fare la via in 2 o 3 giorni, cioè se rientrare dalla Cresta del Leone o scendere in Svizzera dalla Cresta dell’Hörnli ed il giorno dopo rientrare in Italia risalendo al Colle del Teodulo scendendo poi a Cervinia.
Mi arriva la conferma di Riccardo e decidiamo di partire la sera del 17 agosto, dormire a Cervinia vicino alla macchina e salire con la frescura del mattino al Bivacco Carrel, così da avere più possibilità di trovare i posti in branda; avremo tutto il tempo per riposarci ed il giorno dopo attaccheremo la vetta e ritorneremo in giornata a Cervinia sempre dal versante italiano.
Partiamo alle 5 dal parcheggio vicino al campo sportivo a 2000 metri, con sorpresa notiamo distintamente la luce di molte torce sulla cresta del Cervino. Sembrano vicinissime.  In poco tempo arriviamo al Rifugio Duca degli Abruzzi su un ottimo sentiero,  iniziamo poi a salire su semplici roccette e sentieri scoscesi fin sotto la Cresta del Leone a  circa 3600 metri e, con molta sorpresa, troviamo il traverso (uno dei punti più pericolosi) senza neve ed in ottime condizioni. Decidiamo di legarci ugualmente e di proseguire in conserva, più per alleggerire lo zaino e per sintonizzarci sulle manovre che per vera necessità. Unico neo una frana di discrete dimensioni che sta scendendo sul versante italiano sopra il Carrel. Alle 9 siamo al colle (stupendo scorcio sulle Alpi Svizzere) ed iniziamo a salire senza troppe difficoltà fin sotto il canapone (la Cheminée).
Sono 12 metri verticali che bisogna fare usando tutti i pochi appoggi  per i piedi perché se ci si affida solo al canapone lo sforzo potrebbe essere non indifferente. Ancora qualche canapone, una semplice arrampicata ed alle 10 siamo al bivacco (una passeggiata a confronto di due anni prima).
Il bivacco è abbastanza grande, può contenere circa 50 persone ed è costruito su una piattaforma di griglie in acciaio. Su tre lati è strapiombante e solo dietro ci si può arrampicare per qualche metro fino a una piccola piazzola che serve per l’elicottero, proprio davanti alla famosa “corda della sveglia”. Rimpiangiamo di non aver portato un mazzo di carte e per tutto il giorno ci tengono compagnia le molte scariche di sassi che scendono dalla nord della vicina Dent d'Herens.
Verso sera c’è pieno di gente, dappertutto, alcuni si erano attrezzati per dormire persino sulla piazzola dell’elicottero. Una guida del Cervino, dopo aver   rac Erano ormai alcuni anni che, per vari motivi, non riuscivo a portarla a termine questa escursione.
Nel 2005 era tutto programmato, ma il giorno prima della partenza sento in televisione che la via normale al Cervino è stata chiusa per frana. Nel 2007 con Sauro e Stefano siamo arrivati al Carrel, ma la neve, il ghiaccio ed il tempo in rapido peggioramento ci hanno fatto desistere. Nel 2008 invece non sono mai riuscito a far combaciare i giorni liberi con tempo stabile ed almeno un compagno disponibile. Anche quest’anno, dopo un giro di telefonate, mi stavo rassegnando quando mi sono ricordato di Riccardo che sapevo in  ferie, ma tentare non mi costava nulla. Ok, il giorno dopo rientrava  e l’idea della salita non gli dispiaceva per niente. Mi avrebbe confermato al più presto.
Ricontrollo le previsioni meteo ed il vento in quota che è sempre da valutare (3 settimane prima ci ha bloccato la traversata dei Lyskamm su quello Occidentale); è tutto al meglio, le giornate ideali sono martedì e mercoledì.
Ora devo solo decidere se fare la via in 2 o 3 giorni, cioè se rientrare dalla Cresta del Leone o scendere in Svizzera dalla Cresta dell’Hörnli ed il giorno dopo rientrare in Italia risalendo al Colle del Teodulo scendendo poi a Cervinia.
Mi arriva la conferma di Riccardo e decidiamo di partire la sera del 17 agosto, dormire a Cervinia vicino alla macchina e salire con la frescura del mattino al Bivacco Carrel, così da avere più possibilità di trovare i posti in branda; avremo tutto il tempo per riposarci ed il giorno dopo attaccheremo la vetta e ritorneremo in giornata a Cervinia sempre dal versante italiano.
Partiamo alle 5 dal parcheggio vicino al campo sportivo a 2000 metri, con sorpresa notiamo distintamente la luce di molte torce sulla cresta del Cervino. Sembrano vicinissime.  In poco tempo arriviamo al Rifugio Duca degli Abruzzi su un ottimo sentiero,  iniziamo poi a salire su semplici roccette e sentieri scoscesi fin sotto la Cresta del Leone a  circa 3600 metri e, con molta sorpresa, troviamo il traverso (uno dei punti più pericolosi) senza neve ed in ottime condizioni. Decidiamo di legarci ugualmente e di proseguire in conserva, più per alleggerire lo zaino e per sintonizzarci sulle manovre che per vera necessità. Unico neo una frana di discrete dimensioni che sta scendendo sul versante italiano sopra il Carrel. Alle 9 siamo al colle (stupendo scorcio sulle Alpi Svizzere) ed iniziamo a salire senza troppe difficoltà fin sotto il canapone (la Cheminée).
Sono 12 metri verticali che bisogna fare usando tutti i pochi appoggi  per i piedi perché se ci si affida solo al canapone lo sforzo potrebbe essere non indifferente. Ancora qualche canapone, una semplice arrampicata ed alle 10 siamo al bivacco (una passeggiata a confronto di due anni prima).
Il bivacco è abbastanza grande, può contenere circa 50 persone ed è costruito su una piattaforma di griglie in acciaio. Su tre lati è strapiombante e solo dietro ci si può arrampicare per qualche metro fino a una piccola piazzola che serve per l’elicottero, proprio davanti alla famosa “corda della sveglia”. Rimpiangiamo di non aver portato un mazzo di carte e per tutto il giorno ci tengono compagnia le molte scariche di sassi che scendono dalla nord della vicina Dent d'Herens.
Verso sera c’è pieno di gente, dappertutto, alcuni si erano attrezzati per dormire persino sulla piazzola dell’elicottero. Una guida del Cervino, dopo aver   rac
Erano ormai alcuni anni che, per vari motivi, non riuscivo a portarla a termine questa escursione.
Nel 2005 era tutto programmato, ma il giorno prima della partenza sento in televisione che la via normale al Cervino è stata chiusa per frana. Nel 2007 con Sauro e Stefano siamo arrivati al Carrel, ma la neve, il ghiaccio ed il tempo in rapido peggioramento ci hanno fatto desistere. Nel 2008 invece non sono mai riuscito a far combaciare i giorni liberi con tempo stabile ed almeno un compagno disponibile. Anche quest’anno, dopo un giro di telefonate, mi stavo rassegnando quando mi sono ricordato di Riccardo che sapevo in  ferie, ma tentare non mi costava nulla. Ok, il giorno dopo rientrava  e l’idea della salita non gli dispiaceva per niente. Mi avrebbe confermato al più presto.
Ricontrollo le previsioni meteo ed il vento in quota che è sempre da valutare (3 settimane prima ci ha bloccato la traversata dei Lyskamm su quello Occidentale); è tutto al meglio, le giornate ideali sono martedì e mercoledì.
Ora devo solo decidere se fare la via in 2 o 3 giorni, cioè se rientrare dalla Cresta del Leone o scendere in Svizzera dalla Cresta dell’Hörnli ed il giorno dopo rientrare in Italia risalendo al Colle del Teodulo scendendo poi a Cervinia.
Mi arriva la conferma di Riccardo e decidiamo di partire la sera del 17 agosto, dormire a Cervinia vicino alla macchina e salire con la frescura del mattino al Bivacco Carrel, così da avere più possibilità di trovare i posti in branda; avremo tutto il tempo per riposarci ed il giorno dopo attaccheremo la vetta e ritorneremo in giornata a Cervinia sempre dal versante italiano.
Partiamo alle 5 dal parcheggio vicino al campo sportivo a 2000 metri, con sorpresa notiamo distintamente la luce di molte torce sulla cresta del Cervino. Sembrano vicinissime.  In poco tempo arriviamo al Rifugio Duca degli Abruzzi su un ottimo sentiero,  iniziamo poi a salire su semplici roccette e sentieri scoscesi fin sotto la Cresta del Leone a  circa 3600 metri e, con molta sorpresa, troviamo il traverso (uno dei punti più pericolosi) senza neve ed in ottime condizioni. Decidiamo di legarci ugualmente e di proseguire in conserva, più per alleggerire lo zaino e per sintonizzarci sulle manovre che per vera necessità. Unico neo una frana di discrete dimensioni che sta scendendo sul versante italiano sopra il Carrel. Alle 9 siamo al colle (stupendo scorcio sulle Alpi Svizzere) ed iniziamo a salire senza troppe difficoltà fin sotto il canapone (la Cheminée).
Sono 12 metri verticali che bisogna fare usando tutti i pochi appoggi  per i piedi perché se ci si affida solo al canapone lo sforzo potrebbe essere non indifferente. Ancora qualche canapone, una semplice arrampicata ed alle 10 siamo al bivacco (una passeggiata a confronto di due anni prima).
Il bivacco è abbastanza grande, può contenere circa 50 persone ed è costruito su una piattaforma di griglie in acciaio. Su tre lati è strapiombante e solo dietro ci si può arrampicare per qualche metro fino a una piccola piazzola che serve per l’elicottero, proprio davanti alla famosa “corda della sveglia”. Rimpiangiamo di non aver portato un mazzo di carte e per tutto il giorno ci tengono compagnia le molte scariche di sassi che scendono dalla nord della vicina Dent d'Herens.
Verso sera c’è pieno di gente, dappertutto, alcuni si erano attrezzati per dormire persino sulla piazzola dell’elicottero. Una guida del Cervino, dopo aver   rac
colto la quota del pernottamento, ci informa che loro con i clienti partivano alle 5 ed era auspicabile che tutti gli altri partissero dopo (a parer loro i vantaggi  erano che nessuno avrebbe sbagliato strada) e in caso qualcuno anticipasse la partenza era pregato di cedere il passo alle cordate più veloci in maniera da evitare il più possibile imbottigliamenti sui tanti passaggi  obbligati. Noi attendiamo il mattino per decidere cosa sia meglio fare per evitare la sicura ressa.
Alle 3.30 inizia il caos, un continuo andare e venire su e giù dai letti. Alle 4.40 siamo rimasti veramente in pochi, ci alziamo, facciamo colazione, ci leghiamo e alle 5 partiamo. Passata la “corda della sveglia”, vincendo facilmente lo strapiombo (uscendo sulla destra) ed utilizzando i canaponi raggiungiamo presto le cordate. Alcune di esse si stavano portando direttamente in cresta uscendo dalla via, noi invece seguiamo l’altro gruppo ed arriviamo sul traverso attrezzato con una corda di acciaio; qui alcune cordate ci cedono il passo e proseguiamo molto bene fino alla catena Pic Tyndall (conosciuta anche come la Gran Corde), c’è un leggero imbottigliamento, ma superato quello la sola cosa che ci rallentava non erano più le code ma il respiro, quando pensavi di accelerare diventava fiatone. Dopo la catena che ti porta in cresta ci si sposta sul versante svizzero coperto ancora da parecchia neve gelata, non servono i ramponi perché su parte della cresta si riesce ad arrampicare. Non ci sono molti chiodi, ma abbastanza per permetterci di proseguire in conserva con una certa tranquillità.
Arrivati sul Pic Tyndall sembra che la vetta sia subito lì a portata di mano ed invece inizia il su e giù dei vari gendarmi, mai difficili, ma molto esposti. Arrivati sotto la testa del Cervino (250 metri di parete) le cordate che ci precedono ci permettono di individuare la via fin su alla Scala Jordan. Per la prima metà il terreno è un po’ infido,  ma poi arrivano i canaponi e, superata la scala non troppo impegnativa perché ben fissata  alla parete, non ci resta molto da fare. Alle ore 8.30 siamo in vetta. Con un tempo così lo spettacolo non poteva che essere stupendo, un panorama a 360 gradi su gran parte delle Alpi Svizzere e sulle nostre, ben più conosciute.
La vetta non è molto spaziosa, siamo al massimo 10 persone disseminate su una ventina di metri di cresta abbastanza affilata, probabilmente alcune cordate stavano già rientrando dal versante svizzero.
Ora il divertimento è finito, bisogna scendere. Quando si arrampica in salita su terreno poco stabile e su roccia friabile le difficoltà si contengono usando molta attenzione con i piedi e tastando sempre bene la roccia con le mani; in discesa invece la cosa cambia di molto e tutto diventa più impegnativo e difficoltoso.
Abbiamo dovuto imparare a coordinarci bene per scendere in tempi contenuti rischiando il meno possibile.
Quando eravamo in conserva ci calavamo a turno utilizzando tutti i possibili punti per fare sicurezza  e il resto in doppia. E’ stata lunga! Per rendere l’idea siamo arrivati a Cervinia dopo più di 9 ore di discesa. Un’ascensione da tempo desiderata, non troppo difficile, ma mai banale. Ringrazio ancora Riccardo che è stato un ottimo compagno e mi ha permesso di raggiungere una meta così a lungo rinviata.
     Davide M.
colto la quota del pernottamento, ci informa che loro con i clienti partivano alle 5 ed era auspicabile che tutti gli altri partissero dopo (a parer loro i vantaggi  erano che nessuno avrebbe sbagliato strada) e in caso qualcuno anticipasse la partenza era pregato di cedere il passo alle cordate più veloci in maniera da evitare il più possibile imbottigliamenti sui tanti passaggi  obbligati. Noi attendiamo il mattino per decidere cosa sia meglio fare per evitare la sicura ressa.
Alle 3.30 inizia il caos, un continuo andare e venire su e giù dai letti. Alle 4.40 siamo rimasti veramente in pochi, ci alziamo, facciamo colazione, ci leghiamo e alle 5 partiamo. Passata la “corda della sveglia”, vincendo facilmente lo strapiombo (uscendo sulla destra) ed utilizzando i canaponi raggiungiamo presto le cordate. Alcune di esse si stavano portando direttamente in cresta uscendo dalla via, noi invece seguiamo l’altro gruppo ed arriviamo sul traverso attrezzato con una corda di acciaio; qui alcune cordate ci cedono il passo e proseguiamo molto bene fino alla catena Pic Tyndall (conosciuta anche come la Gran Corde), c’è un leggero imbottigliamento, ma superato quello la sola cosa che ci rallentava non erano più le code ma il respiro, quando pensavi di accelerare diventava fiatone. Dopo la catena che ti porta in cresta ci si sposta sul versante svizzero coperto ancora da parecchia neve gelata, non servono i ramponi perché su parte della cresta si riesce ad arrampicare. Non ci sono molti chiodi, ma abbastanza per permetterci di proseguire in conserva con una certa tranquillità.
Arrivati sul Pic Tyndall sembra che la vetta sia subito lì a portata di mano ed invece inizia il su e giù dei vari gendarmi, mai difficili, ma molto esposti. Arrivati sotto la testa del Cervino (250 metri di parete) le cordate che ci precedono ci permettono di individuare la via fin su alla Scala Jordan. Per la prima metà il terreno è un po’ infido,  ma poi arrivano i canaponi e, superata la scala non troppo impegnativa perché ben fissata  alla parete, non ci resta molto da fare. Alle ore 8.30 siamo in vetta. Con un tempo così lo spettacolo non poteva che essere stupendo, un panorama a 360 gradi su gran parte delle Alpi Svizzere e sulle nostre, ben più conosciute.
La vetta non è molto spaziosa, siamo al massimo 10 persone disseminate su una ventina di metri di cresta abbastanza affilata, probabilmente alcune cordate stavano già rientrando dal versante svizzero.
Ora il divertimento è finito, bisogna scendere. Quando si arrampica in salita su terreno poco stabile e su roccia friabile le difficoltà si contengono usando molta attenzione con i piedi e tastando sempre bene la roccia con le mani; in discesa invece la cosa cambia di molto e tutto diventa più impegnativo e difficoltoso.
Abbiamo dovuto imparare a coordinarci bene per scendere in tempi contenuti rischiando il meno possibile.
Quando eravamo in conserva ci calavamo a turno utilizzando tutti i possibili punti per fare sicurezza  e il resto in doppia. E’ stata lunga! Per rendere l’idea siamo arrivati a Cervinia dopo più di 9 ore di discesa. Un’ascensione da tempo desiderata, non troppo difficile, ma mai banale. Ringrazio ancora Riccardo che è stato un ottimo compagno e mi ha permesso di raggiungere una meta così a lungo rinviata.
     Davide M.
colto la quota del pernottamento, ci informa che loro con i clienti partivano alle 5 ed era auspicabile che tutti gli altri partissero dopo (a parer loro i vantaggi  erano che nessuno avrebbe sbagliato strada) e in caso qualcuno anticipasse la partenza era pregato di cedere il passo alle cordate più veloci in maniera da evitare il più possibile imbottigliamenti sui tanti passaggi  obbligati. Noi attendiamo il mattino per decidere cosa sia meglio fare per evitare la sicura ressa.
Alle 3.30 inizia il caos, un continuo andare e venire su e giù dai letti. Alle 4.40 siamo rimasti veramente in pochi, ci alziamo, facciamo colazione, ci leghiamo e alle 5 partiamo. Passata la “corda della sveglia”, vincendo facilmente lo strapiombo (uscendo sulla destra) ed utilizzando i canaponi raggiungiamo presto le cordate. Alcune di esse si stavano portando direttamente in cresta uscendo dalla via, noi invece seguiamo l’altro gruppo ed arriviamo sul traverso attrezzato con una corda di acciaio; qui alcune cordate ci cedono il passo e proseguiamo molto bene fino alla catena Pic Tyndall (conosciuta anche come la Gran Corde), c’è un leggero imbottigliamento, ma superato quello la sola cosa che ci rallentava non erano più le code ma il respiro, quando pensavi di accelerare diventava fiatone. Dopo la catena che ti porta in cresta ci si sposta sul versante svizzero coperto ancora da parecchia neve gelata, non servono i ramponi perché su parte della cresta si riesce ad arrampicare. Non ci sono molti chiodi, ma abbastanza per permetterci di proseguire in conserva con una certa tranquillità.
Arrivati sul Pic Tyndall sembra che la vetta sia subito lì a portata di mano ed invece inizia il su e giù dei vari gendarmi, mai difficili, ma molto esposti. Arrivati sotto la testa del Cervino (250 metri di parete) le cordate che ci precedono ci permettono di individuare la via fin su alla Scala Jordan. Per la prima metà il terreno è un po’ infido,  ma poi arrivano i canaponi e, superata la scala non troppo impegnativa perché ben fissata  alla parete, non ci resta molto da fare. Alle ore 8.30 siamo in vetta. Con un tempo così lo spettacolo non poteva che essere stupendo, un panorama a 360 gradi su gran parte delle Alpi Svizzere e sulle nostre, ben più conosciute.
La vetta non è molto spaziosa, siamo al massimo 10 persone disseminate su una ventina di metri di cresta abbastanza affilata, probabilmente alcune cordate stavano già rientrando dal versante svizzero.
Ora il divertimento è finito, bisogna scendere. Quando si arrampica in salita su terreno poco stabile e su roccia friabile le difficoltà si contengono usando molta attenzione con i piedi e tastando sempre bene la roccia con le mani; in discesa invece la cosa cambia di molto e tutto diventa più impegnativo e difficoltoso.
Abbiamo dovuto imparare a coordinarci bene per scendere in tempi contenuti rischiando il meno possibile.
Quando eravamo in conserva ci calavamo a turno utilizzando tutti i possibili punti per fare sicurezza  e il resto in doppia. E’ stata lunga! Per rendere l’idea siamo arrivati a Cervinia dopo più di 9 ore di discesa. Un’ascensione da tempo desiderata, non troppo difficile, ma mai banale. Ringrazio ancora Riccardo che è stato un ottimo compagno e mi ha permesso di raggiungere una meta così a lungo rinviata.
     Davide M.
colto la quota del pernottamento, ci informa che loro con i clienti partivano alle 5 ed era auspicabile che tutti gli altri partissero dopo (a parer loro i vantaggi  erano che nessuno avrebbe sbagliato strada) e in caso qualcuno anticipasse la partenza era pregato di cedere il passo alle cordate più veloci in maniera da evitare il più possibile imbottigliamenti sui tanti passaggi  obbligati. Noi attendiamo il mattino per decidere cosa sia meglio fare per evitare la sicura ressa.
Alle 3.30 inizia il caos, un continuo andare e venire su e giù dai letti. Alle 4.40 siamo rimasti veramente in pochi, ci alziamo, facciamo colazione, ci leghiamo e alle 5 partiamo. Passata la “corda della sveglia”, vincendo facilmente lo strapiombo (uscendo sulla destra) ed utilizzando i canaponi raggiungiamo presto le cordate. Alcune di esse si stavano portando direttamente in cresta uscendo dalla via, noi invece seguiamo l’altro gruppo ed arriviamo sul traverso attrezzato con una corda di acciaio; qui alcune cordate ci cedono il passo e proseguiamo molto bene fino alla catena Pic Tyndall (conosciuta anche come la Gran Corde), c’è un leggero imbottigliamento, ma superato quello la sola cosa che ci rallentava non erano più le code ma il respiro, quando pensavi di accelerare diventava fiatone. Dopo la catena che ti porta in cresta ci si sposta sul versante svizzero coperto ancora da parecchia neve gelata, non servono i ramponi perché su parte della cresta si riesce ad arrampicare. Non ci sono molti chiodi, ma abbastanza per permetterci di proseguire in conserva con una certa tranquillità.
Arrivati sul Pic Tyndall sembra che la vetta sia subito lì a portata di mano ed invece inizia il su e giù dei vari gendarmi, mai difficili, ma molto esposti. Arrivati sotto la testa del Cervino (250 metri di parete) le cordate che ci precedono ci permettono di individuare la via fin su alla Scala Jordan. Per la prima metà il terreno è un po’ infido,  ma poi arrivano i canaponi e, superata la scala non troppo impegnativa perché ben fissata  alla parete, non ci resta molto da fare. Alle ore 8.30 siamo in vetta. Con un tempo così lo spettacolo non poteva che essere stupendo, un panorama a 360 gradi su gran parte delle Alpi Svizzere e sulle nostre, ben più conosciute.
La vetta non è molto spaziosa, siamo al massimo 10 persone disseminate su una ventina di metri di cresta abbastanza affilata, probabilmente alcune cordate stavano già rientrando dal versante svizzero.
Ora il divertimento è finito, bisogna scendere. Quando si arrampica in salita su terreno poco stabile e su roccia friabile le difficoltà si contengono usando molta attenzione con i piedi e tastando sempre bene la roccia con le mani; in discesa invece la cosa cambia di molto e tutto diventa più impegnativo e difficoltoso.
Abbiamo dovuto imparare a coordinarci bene per scendere in tempi contenuti rischiando il meno possibile.
Quando eravamo in conserva ci calavamo a turno utilizzando tutti i possibili punti per fare sicurezza  e il resto in doppia. E’ stata lunga! Per rendere l’idea siamo arrivati a Cervinia dopo più di 9 ore di discesa. Un’ascensione da tempo desiderata, non troppo difficile, ma mai banale. Ringrazio ancora Riccardo che è stato un ottimo compagno e mi ha permesso di raggiungere una meta così a lungo rinviata.
     Davide M.

 

ATTIVITA’ SVOLTE

Alpinismo classico

Arrampicata in ambiente

Arrampicata in falesia

Cascate di ghiaccio

Gruppo Alpinisti Lumezzane

    

      Incontri in sede                         

      il primo martedì del mese

e il terzo martedì del mese

con proiezione di foto e filmati

      dalle 20.30 alle 22.30