Blumone 14 agosto 2006 Non c’è dubbio, la testardaggine e la determinazione sono il comune denominatore che coordina il nostro gruppo. Siamo a metà agosto e la nostra voglia di montagna non è assolutamente soddisfatta colpa di un tempo veramente inclemente. Nonostante le indecisioni del sabato il tam-tam dice si per domenica, Blumone, una bella montagna sui 3000 metri scarsi, a due passi da casa. Partenza rilassata verso le 6 e mezza di mattina e arrivo in Gaver sotto una pioggerella fine e noiosa. Ridiamo e ci chiediamo cosa ci facciamo li, a prepararci alla salita, sotto ad un cielo plumbeo che non promette nulla di buono. Partiamo brontolando e scaricandoci l’un l’altro l’onere della decisione di quella avventura, colpa mia dice il gruppo, cinque ombrellini colorati che salgono su per la valle superando una malga in piena attività e boschetti profumati di pini, funghi e muschio umido. Il cielo si fa sempre più grigio di nuvole opprimenti e noi ci lasciamo alle spalle la vegetazione alta che fa posto a sempre più scarsi ciuffi d’erba incredibilmente coperti di neve; ma che spettacolo quando a tratti il cielo strappa il grigio e mostra il blu limpido con vaghe cime rocciose che non pensavi stessero proprio li; fotografi il momento e speri con pazienza che, di li a poco, torni un altro angolo di sereno. Passiamo la diga ed il rifugio Tita Secchi ma proseguiamo senza fermarci ed è dopo poco che mi fanno notare la nostra meta. Rimango molto sorpresa, è un’incombente, enorme e scuro picco di roccia frastagliata che non sembra vero. Spruzzato di neve fresca e frammezzato da ciuffi di nuvole bianche mostra la vertigine dei lati in maniera ancora più impressionante, mi chiedo quale sarà il lato che ci vedrà salire ma mi pare tutto impossibile. Ho imparato però, che, con i miei compagni, quasi nulla è impossibile in montagna. Si prosegue con la salita, l’orizzonte si è aperto e Carlo ne approfitta per scattare fotografie che evocano grandi altezze alpinistiche. Improvvisamente ci troviamo a sovrastare il lago della Vacca. E’ molto piccolo, dall’alto l’acqua pare pochissima tanto è asciutto ma la sua limpidezza fa da contrappunto alla cupezza del Blumone che incombe scuro ed inaccessibile come il castello delle streghe delle favole; già, ecco cosa evoca, mancano solo lampi e pipistrelli e sarebbe perfetto. Mi scuoto dalle fantasie, c’è ancora parecchio cammino ed il tempo peggiora. La scelta è caduta sulla via normale per la cima, ma la neve, che nel frattempo si è fatta alta ed ha reso le rocce scivolose, fa in modo che il percorso sia abbastanza delicato. Evitiamo il sentiero, che è comunque quasi irriconoscibile via-via che si sale, e prediligiamo le roccette che salgono direttamente ed a picco verso la cima. La felicità maggiore, infatti sono un paio di ramponi ai piedi, neve e rocce scivolose, veramente stupendo, e Giovanni, impagabile come al solito, non manca di farmi arrampicare su tutte le roccette che si trovano sul percorso, sa quanto mi piacciano. A tratti la nebbia cala e copre tutto, ma non importa, la cima è li, ad un tiro di schioppo e non ci fermiamo nemmeno a tirare il fiato. Le rocce si susseguono ed arrampicare è talmente bello che la progressione non stanca, anzi, senti i tuoi muscoli ed i tuoi nervi che cantano di piacere ad ogni ostacolo superato. Fa molto freddo ed il vento gelido non smette un attimo di soffiare, ma la nostra determinazione è più forte, finalmente, verso l’una, siamo in vetta, i complimenti si sprecano e la felicità è al massimo. Ora nessuno più brontola, l’adrenalina ha fatto il suo dovere, e mangiamo qualcosa accoccolati combattendo il freddo e ridendo felici. Sono quasi le due, il tempo peggiora ed oltre alla nebbia ed al freddo dobbiamo ora fare i conti con grandine e pioggia che cadono ad intermittenza. La discesa è delicata quasi come la salita, rocce e traversi simpatici ci sbarrano la strada e ci costringono e manovre che ricordano l’alpinismo vero. Si riaprono gli ombrellini della salita e, lasciata a malincuore la neve, percorriamo i bei valloni che si fanno sempre più carichi di vegetazione. A tratti guardo quei picchi neri farsi sempre più lontani e pare che sia la fine di una favola che ti lascia solo la voglia di ricominciare, è veramente bello lasciarsi coinvolgere dalla montagna, ed è sempre una grossa felicità gustare quello che ti regala, siano i “monti pallidi” delle Dolomiti che i tenebrosi picchi delle valli lombarde. Non c’è differenza è sempre l’avvicinarsi a qualcosa che ti rende tutt’uno con la natura in una delle sue massime espressioni. Ci ritroviamo in fondo alla valle dopo aver superato una mandria di belle mucche che ci costringono ad un divertente “fuori programma” per evitare il loro lento andare nel sentiero, giù per i verdi ed umidi prati che scendono a precipizio per la valle dopo i numerosi rigogliosi boschi, il tutto, rigorosamente, sotto l’acqua. Ci vorrà l’arrivo all’auto per trovare un ambiente asciutto, ci cambiamo allegri e rilassati complimentandoci per la bella esperienza. Si torna soddisfatti a casa! Marina Livella
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