Bruffione 27 agosto 2006 Oggi mi è stato preannunciato "passeggiata tranquilla", Monte Bruffione, proprio sopra il Gaver, piccolo dislivello, 1000 metri circa, se guardiamo i nostri standard è una sciocchezza. Si va su dal Maniva e poi si passa il bel paese di Bagolino, si arriva al Gaver e da lì il sentiero che sale verso la nostra destinazione. Partenza alle 6 e mezza di mattina, tardi forse, ma è una passeggiata appena "fuori porta" quindi niente fretta. Si arriva in Gaver verso le otto e si prende un sentiero che passa una malga invasa da pecore, capre, cani e malghesi sorridenti ed indaffarati. Giornata inizialmente fredda ma poi divenuta soleggiata e calda tanto da costringere noi ragazze ad un piccolo strip per infilarci i calzoncini corti che la temperatura era alta e insopportabile. Grande giubilo dei nostri impareggiabili compagni d’avventura e grandi risate come colonna sonora, certo, è stato detto che un vero alpinista porta sempre calzoni lunghi, ma il caldo è caldo e poi, sono certa che le gambe scoperte di noi femmine abbiano dato un bel condimento al paesaggio. L’azzurro quasi pervinca del cielo contrappuntato da nuvole sparse e candide era uno spettacolo indimenticabile, è innegabile che l’azzurro della montagna sia una sfumatura unica che non si trova nella normale gamma dei colori ed è stata una fortuna che ci abbia accompagnato per tutta la giornata. Il paesaggio era talmente bucolico e rilassato da non farti nemmeno pensare alla camminata. Il sospetto che non fosse poi tutto così tranquillo e prevedibile mi è arrivato quando Giovanni ha parlato di una "piccola variante" decisa per vivacizzare la camminata, sappiamo quanto il ragazzo sia pericoloso quando ha in mente una sorpresa. Il sospetto è divenuto realtà quando, arrivati alla selletta e poi passati sui dei grossi ghiaioni, ci siamo incamminati, ignorando il sentiero, verso una cresta molto appetibile che portava direttamente alla cima del piccolo Monte Boia che si trova appena prima della nostra meta. Vista dal basso pareva cosa da nulla o quasi ma pur sempre una vera cresta rocciosa, le adoro! Da non crederci, certo, piccola cresta con difficoltà di terzo grado, non di più, ma nuova per tutti, ad ogni gradone ed ogni masso c’era l’incognita del dopo, quindi eccitante all’estremo, ci siamo arrampicati allegramente. Io, aiutata a volte, ma, allo stesso tempo lodata per l’abilità che impiegavo ad affrontare tutti gli ostacoli che si trovavano via-via che la cresta si evolveva, lunga ed abbastanza pesante certo, ma deliziosa per le sue continue sorprese. Io, mi sono subito ammaccata le ginocchia, classico ed inevitabile, ma fonte, comunque, di risate e di battute ironiche che facevano allegria. Finalmente arrivati alla cima del Monte Boia abbiamo attaccato la cresta che portava al Bruffione. Altra serie di placche, gradoni, passaggi delicati ed altre avversità. Un’allenamento stupendo, palestra infinita che rappresentava, in piccolo, praticamente tutta la gamma di difficoltà che si potevano trovare su di una qualsiasi cresta, solamente che qui non ti trovavi con 150 o 200 metri di strapiombo sotto e, nonostante fossimo senza assicurazione, ci sentivamo più liberi di provare le nostre capacità e possibilità fisiche senza grossi pericoli. Ad un certo punto la bellezza della salita è stata accresciuta dal progressivo sollevarsi della nebbia dal vallone sul lato destro della cresta. Era stupendo vedere il grigio fumoso alzarsi progressivamente a vista d’occhio ed arrivare poi alla nostra altezza, parevano due mondi separati, da un lato un mare di grigio e dall’altro sole splendente, azzurri, nuvole e la vista di tutti i monti possibili fino all’infinito e noi in mezzo, funamboli in bilico su roccette improbabili quando, pochi metri sotto, il sentiero ci guardava ironico ed ovviamente semplice, troppo semplice per la nostra temeraria fantasia. Verso le 12 e mezza eravamo finalmente sulla solitaria vetta del Bruffione a complimentarci a vicenda per la bella esperienza, una variazione sul tema montagna che non ci aspettavamo assolutamente. Aperti gli zaini abbiamo mangiato chiacchierando e ridendo di tutto. La partenza non si è fatta attendere, il giro era ancora lungo e volevamo accontentare Giovanni che desiderava vedere gli appostamenti militari che si trovano in grande quantità sulle montagne della zona. Discesa quindi su grosse rocce saltellando come sottili stambecchi che, nonostante non sia possibile, frequentemente tentiamo di imitare. Penso che, per un apprendista "vero alpinista" il sogno ricorrente sia trasformarsi in uno stambecco ed avere la possibilità di salire senza fatica le più belle cime del mondo. Su e giù per valloni e sellette, e poi ancora un piccolo assaggio di rocce e finalmente gli appostamenti militari, tristi per il loro significato intrinseco. Quegli appostamenti non sono assolutamente da dimenticare, è il granitico monito che ci rimane da vedere e su cui meditare lungamente. Siamo in fondo, ora non ci resta che percorrere il facile sentiero che porta al Gaver. Piccola sosta per organizzare un banchetto a base di lamponi gustosi velocemente raccolti da un fornito boschetto apparso improvvisamente sul sentiero. Ultima deliziosa interruzione al cammino una piccola marmotta curiosa che, sfidandoci, ha giocato a "chi ride per primo" tra lei a guardarci curiosa dalla sua tana e noi immobili sul sentiero ad ammirare le sue mosse. Si riparte tra chiacchiere e risate. Ora siamo al Gaver non è come al mattino, si è riempito di turisti che sono macchie vivaci tra i boschetti che si intravedono lungo la strada. Siamo alle macchine, pare sia passato un attimo da quando siamo partiti, è proprio vero la felicità fa volare il tempo, se ne ha coscienza solamente alla fine delle belle esperienze. Marina Livella |