Canale del Blumone 15 aprile 2007 Nuovamente il Monte Blumone, già, una salita che desideravo da un anno, tutto per via di un canale, stretto, corto e ripido che ha, proprio a metà, una strettoia ed un masso con un buco. Una sciocchezza si può pensare, solo che da troppo tempo mi era stata descritta e le immagini della salita dei miei compagni compiuta lo scorso anno senza di me, mi aveva lasciato la voglia di provare. Quando è stata fissata per domenica ho passato la settimana precedente con una grande eccitazione, avevo imparato quanto la montagna ti può dare sorprese diverse ad ogni salita, nulla è mai banale e le novità sono sempre eccezionali quando si sale di quota. Partenza quindi alle sei di mattina, intravedo un’alba luminosa mentre sonnecchio in auto ed alle sette siamo alla piana del Gaver, gruppetto magro ma essenziale, Davide, Giovanni ed io, ci prepariamo per la partenza, la giornata si preannuncia bellissima. Attaccando il sentiero dietro la chiesetta che sale diretto al lago della Vacca già il sole è una sfera che fa male agli occhi a guardarlo ed illumina prati coperti da un’infinità di crochi bianchi e violetti. Proseguiamo la via fino alla malga diroccata tra radi abeti spogli e distese di erba ancora secca, la neve è lontana ma possiamo vedere l’attacco di alcuni canali che, fortunatamente, ne conservano ancora un poco. Il più fornito pare sia proprio quello a cui puntiamo, un conoide bianco che sparisce bruscamente tra le rocce e pare invitarci ad arrivare fin da lui. Il resto del monte è sola roccia, ostico e duro come solo il Blumone sa essere. Abbiamo lasciato il sentiero già da un poco, prediligendo varianti che ci fanno puntare direttamente al canale usando il percorso più veloce. Bisogna andare svelti prima che la neve, che ora stiamo calpestando da un poco saltando su grossi massi, non si rammollisca troppo. Abbiamo un attimo di meraviglia, un ermellino completamente bianco sgattaiola svelto sulla neve, cerchiamo di riprenderlo e fotografarlo ma sparisce repentinamente, è stupendo e ci lascia quasi increduli. Passando sotto la parete ovest del Blumone notiamo un uomo, va agile e solitario verso la vecchia via normale da ovest, ci stupiamo nel vedere un altro alpinista che si cimenta sul monte che stiamo salendo anche noi e ne siamo felici, è lontano e progressivamente vediamo quella figurina sparire sull’altro versante. Siamo alla base del canale, ci attrezziamo e partiamo. Siamo molto motivati e la salita verso la grotta, compiuta dentro un’infossamento dovuto allo scorrere dell’acqua, è molto veloce anche se c’è una bella pendenza; vediamo che l’imponente colonna di ghiaccio che saliva attaccata alla roccia vicino alla grotta è crollata e giace disseminata a grossi pezzi lungo il canale stesso. La grotta si avvicina ed è veramente impressionante la roccia a cuneo che la chiude in alto attorniata com’è da grossi candelotti di ghiaccio; Davide che fa le tracce alla fine del canale è deluso, purtroppo il cumulo di neve dentro la grotta è molto basso ed il buco d’uscita non raggiungibile. Le pareti di roccia, inoltre, sono talmente lisce e lucide di ghiaccio da non dare nessuna possibilità di arrampicata, quindi si deve rinunciare a quel passaggio. Breve consulto dei miei amici e poi la decisione di scendere di una ventina di metri lungo il canale e deviare sulla parete di destra che pare fattibile. Percorriamo il breve tratto poi risaliamo fino a trovarci ad un salto di roccia dove Davide e Giovanni allestiscono una sosta, Davide ha deciso di provare a salire ed è meglio assicurarsi. Parte deciso, come sempre il mio cuore è stretto da una morsa, dopo i primi passi infatti scompare alla vista, udiamo lo scricchiolio dei suoi ramponi che attaccano la roccia, lo sentiamo borbottare che non c’è possibilità di passaggio, passiamo un lungo tempo d’attesa senza capire cosa stia facendo, probabilmente è in difficoltà, poi una notizia, ha trovato un chiodo provvidenziale. Il mio cuore ricomincia a battere regolare anche se sappiamo non essere ancora arrivato ad un punto dove fare sosta, altri borbottii e finalmente grida che è tutto a posto e si organizza per recuperarci. Tocca a me raggiungerlo per prima, le mie mani si sono gelate nell’attesa ed ho timore ad afferrare la roccia macchiata di licheni giallastri, comincio la salita e capisco subito che non va, grido a Davide che sicuramente scivolo ed è proprio così, cado giù ma non mi perdo d’animo, Giovanni da sotto mi suggerisce degli appigli a sinistra e tremando per l’emozione risalgo. Mi accorgo che le dita sono completamente insensibili e non sento la roccia, non fa nulla mi dico, vado avanti, ho il cuore che va a mille ma non cedo, il dolore alle mani è forte ma mi spinge a proseguire, arrivo al chiodo trovato da Davide e capisco tutta la sua incertezza, la placca che mi si presenta è spaventosamente liscia, gli appigli sono inesistenti e non mi resta altro che chiedere il suo aiuto ed attaccarmi alla corda mentre penso che Davide ha imparato a volare. Gridando accidenti alla mia inesperienza arrivo a dei veri appigli che si rivelano comunque marci ed insicuri. Li uso per bilanciarmi ed arrivare vicino agli scarponi di Davide, ho il respiro corto ed affannoso, l’adrenalina è al massimo e so per certo di aver avuto un’esperienza che non dimenticherò più per tutta la vita. Giovanni intanto è salito, naturalmente molto più veloce di me, e finalmente siamo riuniti, ci complimentiamo con Davide che ha fatto un passaggio da vero maestro e lui ci regala uno dei suoi sorrisi schivi, visibilmente felice e con gli occhi ridenti. Siamo sotto alla cresta, pochi metri di misto e neve che i miei compagni mi concedono di percorrere da prima e siamo al panettone da cui si può ammirare la vetta che dobbiamo raggiungere, notiamo tracce fresche che sono sicuramente dell’alpinista visto alcune ore prima. Dopo esserci slegati percorriamo un piccolo traverso di una trentina di metri tra neve alta e grosse rocce ed arriviamo alla selletta dove c’è lo sbocco originario del nostro canale di salita. Il sole forte ed il cielo limpido ci accompagnano, l’orizzonte di monti è molto nitido e possiamo vedere vette a perdita d’occhio; i miei amici cercano di capire il percorso compiuto dall’uomo solitario della mattina e, tra ipotesi e risate ci portiamo, dopo un tratto in discesa, al lungo traverso di cui mi avevano già parlato. Giovanni ha una piccola delusione, lo pensava molto più ripido ed invece ha una pendenza talmente dolce da non spaventare nemmeno me nonostante lo strapiombo che si nota in basso. Procede comunque con cautela e traccia il percorso abbastanza agevolmente, la neve è alta ma non troppo faticosa, Davide ed io lo seguiamo fino alla ampia sella che porta al percorso finale della via normale per la vetta. Dopo quel tratto in ombra si sbuca nuovamente sotto al sole sfavillante, ancora un poco di misto fino in cima reso faticoso dalla neve marcia, siamo alla croce del monte Blumone, scattiamo foto ai nostri visi sorridenti e ci complimentiamo per la salita per niente banale che abbiamo appena ultimato. E’ stato scalato il Blumone con l’ennesima variante ed i ragazzi assicurano che ora tutte le possibili vie sono state sperimentate, io dentro di me penso che il prossimo anno riusciranno e trovare sicuramente un altro percorso per la cima, loro hanno fantasia e la montagna offre mille possibilità. Si vedrà, per ora godiamo di quella stupenda salita, nulla è più importante, nemmeno il ripercorrere un monte già visto e che non ha grande fama, ma è ciò che devi affrontare che lo trasforma in un’esperienza incancellabile. Ci accoccoliamo alla base della struttura metallica decorata da bandierine colorate un poco stinte e mangiamo ammirando lo spettacolare panorama sotto ad un cielo azzurro sottolineato da belle nuvole bianche, l’una è passata quando ci decidiamo a partire. Per il rientro hanno deciso per la via diretta che porta al Casinello. Nuovamente il tratto di misto ed i pendii innevati, già sappiamo che il sole avrà ridotto male la neve e la fatica sarà grande. Talvolta mi giro ad ammirare le nostre tracce sinuose e la vetta rocciosa che si allontana e salutandola, dentro di me, le confesso un grande desiderio di rivederla. Io che non voglio mai ripercorrere un monte già visto so già che riprenderò molto volentieri i sentieri del Monte Blumone anche se non capisco qual è il vero motivo. Vengo scossa dalle mie riflessioni dai ragazzi che mi fanno notare una splendida lepre bianca che risale una china, con pochi balzi sulla neve arriva in cima e scompare. Ci abbassiamo abbastanza svelti nonostante la neve renda molto difficile il passo, si affonda infatti quasi fino alla vita in certi punti. Siamo finalmente ai prati bruciati dal sole, ammiriamo pendii completamente coperti da fiori rossi di rododendri e ripassiamo dal punto dove già avevamo fatto la conoscenza di una comunità di marmotte. Le riprendiamo con la cinepresa, esemplari adulti e cuccioli schizzano veloci lungo il declivio mentre uno di loro osserva immobile le nostre mosse e non ci perde di vista finché ce ne andiamo lungo il sentiero. La giornata è stata rallegrata da una quantità mai vista di abitanti delle montagne e ci sentiamo per questo dei privilegiati per averli potuti ammirare, la speranza è che possano sopravvivere nonostante gli esseri umani non facciano altro che rendere molto difficile la loro esistenza. Terminiamo il bel viottolo che porta alla spianata del Gaver sotto al sole, arriviamo all’auto solitaria e ci cambiamo svelti mangiando un pezzo di torta. Una bella pizza più sotto calmerà il nostro appetito, la giornata che si sta concludendo è stata veramente entusiasmante, ho avuto il piacere di compiere una bellissima salita e di scoprire che probabilmente Davide possiede un paio di ali, che sia un angelo? Alla prossima.
Marina Livella
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