Dopo otto lunghi giorni di attività che esulano dalla montagna ma che hanno reso le vacanze del Natale 2006 le più belle della mia vita, siamo al primo mercoledì del 2007, io ancora un poco frastornata dalla permanenza a Roma mi butto a capofitto in questa nuova avventura. Proprio nuova non direi visto che la meta organizzata da Davide e Giovanni si chiama Presolana, luogo che ci ha visti non più di un mese fa cercare inutilmente di raggiungere la vetta quasi sepolti da una quantità di neve inaspettata. Ora di neve sappiamo che non ne vedremo molta, ma siamo ugualmente felici di questa nuova possibilità e siamo pronti ad ogni novità. Partenza alle 6 di mattina e su fino al tranquillo paesino di Passo della Presolana, poi di nuovo il percorso che ci porta alla malga Casinelli, la giornata è soleggiata e ci accompagna regalandoci una temperatura quasi primaverile. Molto diverso il panorama, i monti rocciosi sono spogli di tutta la neve che li copriva la precedente volta che abbiamo potuto ammirarli, ma non per questo sono meno maestosi ed imponenti, abbracciare l’anfiteatro che si presenta man mano che si sale dal fondo della vallata è veramente un’esperienza unica. Passo dopo passo lasciamo la malga e poi i bassi abeti che tratteggiano la salita sempre preceduti da Oliver, il cane alpinista di Giovanni, allegro e vivace come sempre. Mattinata divertente, Davide porta una bella berretta rossa poiché ha tagliato i capelli ed asserisce di avere freddo, è una ottima scusa per tirarlo matto e paragonarlo al grande puffo, cartone animato di vecchia data, lui come sempre scuote la testa, allarga le braccia e ride dei nostri scherzi. Finalmente si scorge la neve, è rimasta solo sul lato nord della vallata. Naturalmente noi ci dirigiamo su quel versante, i ragazzi infatti avevano già deciso di sperimentare la cresta ed i canalini che avevamo ammirato e pregustato durante la precedente salita. La via è ripida ma non molto faticosa e pure io provo a far traccia, tra risate e scherzi giungiamo ai canalini contrassegnati dal roccione fatto a dente che cercavamo, è innevato, si può fare, siamo felici ed eccitati anche se pare meno ripido di quanto ci aspettavamo. Sotto di noi il lungo vallone e la costruzione color arancio del bivacco fortunatamente ancora attorniata dalla neve, sulla spianata infatti è rimasta intatta. Attacchiamo il canale, è abbastanza semplice e corto, la picca affonda facile nella neve ed i ramponi penetrano nel ghiaccio superficiale senza problemi ma si affonda parecchio, ci divertiamo molto, arriviamo alla sella, incollata ad un cielo limpido ed azzurro su cui si staglia Oliver che ci precede sempre, possiamo vedere l’altro versante, i miei compagni d’avventura sono soddisfatti, è come speravano, ora possono pensare alla cresta. Qualche foto al canale segnato dalle nostre tracce e poi si può andare, sono le undici del mattino, è presto, per prima cosa decidono di proseguire sulla cresta verso Pizzo Corzene, il sole a picco ci fa percorrere velocemente il tratto che ci separa dal pizzo nonostante il vento sia molto forte e freddo, si affonda nella neve, quando siamo alle rocce decidiamo di scendere in basso. Qualche centinaio di metri sotto ci rilassiamo, alle spalle la roccia, enorme e grigia parete solcata da mille spaccature, il vento è cessato e possiamo mangiare qualcosa. Intorno si levano picchi sottili che toccano l’azzurro del cielo e pare vogliano bucarlo tanto sono aguzzi, la neve è candida e frustata dal vento che la plasma in increspature curiose. Torniamo sui nostri passi, oltrepassiamo l’uscita del nostro canale con il curioso dente di roccia che lo taglia a metà ed andiamo oltre, la cresta è lunghissima e non ne vedo la fine, come sempre il viaggio sarà interminabile. Si prosegue, i pendii ai nostri lati sono vertiginosi, a sud macchiati da molti tratti di prato, nudi di neve con l’erba bruciata dal freddo e dal sole infuocato, anche noi sentiamo le guance scottate dai raggi che scendono dal cielo con una violenza che ricorda l’estate, giochiamo con le nostre ombre e ridendo le fotografiamo stagliate sulla neve candida. Immortaliamo pure piccoli rametti seccati dal sole che portano appesi alle estremità grosse gocce di ghiaccio che paiono diamanti riflettenti tutti i colori dell’iride, è proprio vero che le sorprese a certe altezze sono sempre enormi, tutto è amplificato ed anche le piccole cose paiono immense poiché tutto in montagna si spinge al di sopra del pensiero umano. Si passano molte piccole vette che ci fanno rimpiangere una vetta vera, la fatica della cresta è comunque talmente intensa che, troppo presi a percorrerla non rimane il fiato neanche per commentare ciò che si sta facendo e quali erano i veri obiettivi della gita. Ci si abbassa di quota, la neve si fa scarsa, le macchie d’erba più frequenti, si deve scendere per oltrepassare picchi impossibili da superare in altro modo. Poi canali di neve appesi a strapiombi, Davide in difficoltà affonda fino alla vita tra rocce traditrici nascoste dalla neve mentre Giovanni è impegnato a far superare ad un cane ed a una femmina inesperta passaggi insidiosi, l’adrenalina sale e quando si guarda giù ci si sorprende pensando che è stato possibile superarli. Troviamo un bel percorso di rocce in discesa, affare delicato che la discesa è la più difficile tra tutte le prove che in montagna ti puoi trovare da affrontare. In lontananza vediamo il lago d’Iseo, piccola macchia d’argento liquido tra monti colorati da tutti gli azzurri ed i grigi della tavolozza tra fiamme di nuvole bianche ed in quei momenti la voglia che più sale dal cuore e quella di saper volare, dimenticare le gambe indolenzite e spiccare il volo per andare su, al di sopra delle nuvole e poter finalmente vedere dall’alto i monti amati senza fatica. Altre rocce da affrontare ed altri canalini che ci allettano scendendo a strapiombo tra i picchi che oltrepassiamo percorrendo la cresta innevata solo a tratti. Ora vediamo la malga ma pare non arrivi mai tra i su e giù della cresta che riserva sorprese continue, certo, l’esplorazione è l’attività migliore che si possa fare in montagna. Piccola sosta, siamo stanchi, Oliver ne approfitta per un sonnellino, forse la lunghezza del percorso è stata veramente tanta, parole di commento felici e tranquille e poi si riparte, ancora pendii ripidi e la fortuna di vedere quasi da vicino una stupenda pernice bianca che ci osservava curiosa e senza paura. Riprendiamo Davide che ci aveva distanziato mentre io mi ferivo scioccamente con una picca e poi giù alla malga; nel cielo un falco compie evoluzioni eleganti e temerarie. Altra sosta seduti sulle panche della malga, io desidero raccontare ai miei amici parole che dovrebbero fermare gli attimi che viviamo assieme, acconsentono ed ascoltano e commentano i miei appunti sotto ad un sole ancora molto caldo. Ultimo sentiero e poi l’auto. Si torna a casa, la prima avventura del 2007 è finita, attendiamo che il destino ci regali altri momenti da ricordare.
Marina Livella
|