Blumone Dicembre 2007 Il 2007 sta per finire, siamo alla salita di S.Stefano, la scusa è smaltire i bagordi natalizi, ma la verità è che il GAL desidera concludere l’anno con la maggior parte dei suoi componenti. La gita prevista non è necessario sia memorabile, bastano allenamento, risate e condivisione, quindi il Blumone fa al caso nostro. La mattina alle sei è una vera sorpresa, Andrea, Amilcare, Arsenio, Carlo, Davide, Davide Jr., Giovanni, Marco, la dolce Sara, io ed Oliver, cane alpinista per eccellenza, ci ritroviamo all’appuntamento alla piana di Gaver, siamo molti più del previsto e già il primo obiettivo è raggiunto. Si parte, fa molto freddo ma la giornata si preannuncia buona salendo verso il Lago della Vacca, già il sole regala la sua presenza ed il cielo è fiammeggiante di nuvole e luci. La neve è solida, camminare non da fatica e salendo ci regaliamo attimi di sosta con abbondanti scatti fotografici, il panorama infatti è stupendo ed alzandoci ammiriamo il Blumone, imponente e cupo come sempre ed appena striato da tratti candidi, a cui ci avviciniamo rapidamente. Attorno tutto è coperto dalla neve che, sui declivi, pare ricordare una torta di meringhe con piccole spruzzate di cioccolato, notiamo infatti come, in alcuni punti non riesca a coprire gli scuri massi rocciosi più rilevanti. Molto presto si giunge al rifugio, è colorato da parecchi scialpinisti che oltrepassiamo velocemente per raggiungere Giovanni che ha già traversato il pianoro ed attaccato una salita ripida; una breve sosta per attrezzarci con i ramponi e su diretti per il pendio. Non è difficile, lo raggiungiamo abbastanza rapidamente, ci fermiamo poi ad attendere gli altri che poco dopo arrivano. Arsenio, ha problemi atavici con i ramponi ed anche questa volta è in difficoltà, quindi Carlo si attarda ad aiutarlo, ma dopo poco anche loro si uniscono al gruppo che ha ripreso la salita. Ora è Carlo avanti a fare traccia, gli chiediamo di trovare delle varianti al solito percorso, ci accontenta subito e da esperto qual è, per divertirci, sceglie uno stretto canalino ben innevato, agevole ma abbastanza ripido; lo superiamo scattando immagini ad Oliver, sempre un pezzo avanti a noi, bella figurina incollata al cielo azzurro tenue della mattinata che si sta aprendo. Si prosegue calcando roccette semisommerse dalla neve che rendono la via un poco più dura; sotto di noi si staglia il rifugio scuro ed il lago della Vacca ghiacciato, pare un soldo candido ficcato là in fondo ed attorniato dalla cerchia di cime innevate. Siamo sotto alle pareti finali del Blumone, dopo un lungo traverso sui pendii ripidi ed intonsi, che porta verso la vetta dalla via normale, ci troviamo a dover salire nuovamente. La cima è appena sopra, la vediamo e sprona ad affrontare un’ultima serie di rocce di misto per raggiungerla; sono macchiate del giallo vivo dei licheni ed a volte lisce di ghiaccio ma solide e facili da afferrare, camminando si affonda nella neve ma non è sicuramente troppo difficoltoso per il gruppo. Verso mezzogiorno siamo alla vetta con la sua croce arancio e la struttura metallica accostata; ci raggruppiamo allegri e ridenti per foto e auguri affettuosi. Dopo un poco di cibo si prende la via del ritorno verso malga Blumone, ci dirigiamo alla volta del rifugio Nikolajewka e la neve che troviamo diventa un percorso molto divertente ed accidentato con tracce tanto scavate da sembrare un canale da bob. La gita dovrebbe terminare alle auto ma la voglia di stare insieme non è spenta, Carlo propone allora una tappa alla casa di Bagolino dove ci offre uno spuntino veramente gustoso. Tra altre risate, pane, salame, vero formaggio bagoss, vino e delizie di ogni genere il nostro grande amico riesce a calmare l’appetito ed aumentare il grande affetto che c’è fra di noi.
- Verso il Tredenus
Non è ancora finita, quattro giorni dopo, un piccolo drappello del GAL ha ancora voglia di andare per monti; Giovanni, Stefano ed io, nonostante il freddo intenso e la giornata indecisa partiamo per un “giretto d’allenamento”. L’arrivo è verso le sette a poca distanza dalla Malga Volano dove si parcheggia l’auto; ci avviamo tra le case sparse di fianco ad un torrente quasi completamente ghiacciato ed attorniato da alberi e cespugli scheletrici resi lucidi da neve e ghiaccio; scattiamo immagini a quello strano fiume congelato decorato da minuscole cascate immobili e tratti in piano dove l’acqua pare latte azzurrognolo che imprigiona rade rocce affioranti imbiancate dalla neve. Ci allontaniamo da quella spettrale rappresentazione del “Re del Freddo” e proseguiamo dicendoci che una vera meta non c’è, si andrà finché sarà possibile. Il percorso è conosciuto, il Pizzo Badile Camuno, la vetta che ci sovrasta, è stata una bella gita fatta in compagnia giusto qualche tempo prima; camminiamo lungo il primo tratto del sentiero ma dopo un poco i miei compagni imboccano la deviazione a sinistra che porta al Bivacco Macherio. I monti attorno sono poco innevati ed hanno lo stesso colore opaco del cielo, tutto quel grigio non ci deprime di sicuro, anzi, le chiacchiere sono tante avanzando decisi su quel sentiero che di frequente si tramuta in un infido asfalto di ghiaccio vivo e ci costringe ad indossare velocemente i ramponi. Ci stiamo avvicinando al Tredenus, la neve si è fatta abbondante, pesante e faticosa, lasciamo il sentiero e prendiamo diretti verso l’alto, il percorso è reso ancora più arduo da grossi massi che tradiscono il passo. Siamo in piena “ravanata escursionistica”, Giovanni davanti non si perde d’animo ed io dietro, che fatico molto, aiutata dal paziente Stefano. Dopo una china ripida che pare non finire più troviamo una spianatina in cui dobbiamo fare i conti con grossi massi e poi ancora su diretti verso una serie di cime frastagliate e poco innevate dove notiamo lunghe pareti grigie e lisce. I miei compagni parlano di belle vie d’arrampicata parecchio difficili che si trovano sul Tredenus, ma con quella neve non si vede quasi nulla; il giorno, oramai fatto, non promette niente di buono ed il cielo continua ad essere totalmente grigio. Puntiamo una piccola cima, è deciso che quella sia la nostra vetta del giorno, per raggiungerla dobbiamo affrontare altre rocce lisce e traditrici seminascoste dalla neve poco solida, dove non solo le gambe ma pure i nostri corpi affondano quasi totalmente. Tento e ritento passaggi quasi insormontabili che mi fanno gridare di rabbia più di una volta, finché, un poco ammaccata, più nello spirito che nel corpo, riesco a raggiungere Giovanni sempre di fianco a Stefano che, con la sua calma, è veramente indispensabile per oltrepassare i punti più difficili. La vetta è vicina e pare una costruzione di metallo e non di roccia stagliata nel grigio più chiaro del cielo; battuti da un vento gelido finalmente siamo in cima, festeggiamo quella salita voluta a tutti i costi e ripartiamo velocemente per la discesa. Meno difficile ma sicuramente stancante il percorso a ritroso fino al sentiero ghiacciato dove i miei compagni decidono di prendere una deviazione che corre a semicerchio traversando un lungo tratto di monte per poi scendere e ricollegarsi alla via principale. Oltre ad aver scoperto una variante panoramica, lungo il sentiero, abbiamo la fortuna di osservare uno spettacolare evento naturale; tra colate di ghiaccio che formano lunghe e sottili candele lucide e trasparenti, notiamo come la neve si è aggregata in enormi e fragilissimi cristalli posati ovunque. Ci soffermiamo a fotografare quelle costruzioni di fiocchi di neve a grandi sfoglie posati a strati asimmetrici e raggruppati sui cespugli che corrono per qualche decina di metri ai bordi del sentiero. E’ uno stupendo giardino immobile e gelato dove foglie verdi e marroni si intercalano a candide foglie di ghiaccio geometricamente perfette, talvolta tondeggianti, altre a ciuffi di aculei lunghissimi costruiti da minuscoli cristalli che decorano ogni più sottile rametto. Stupiti ci aggiriamo tra una meraviglia e l’altra scoprendo quanto un alito di vento o una minuscola scossa, possano distruggerle istantaneamente. Ad ogni passo si sente un lieve suono di cristallo in frantumi, indica lo sgretolarsi di un bouquet di fiocchi di neve e pare che una fiaba svanisca per sempre. Cercando quindi si misurare ogni movimento ci allontaniamo da quel giardino incantato che mai avevamo avuto la fortuna di ammirare.
- Capodanno in Val Vestino
Siamo al 31 dicembre, il programma organizzato è sicuramente divertente, trascorrere la notte nella semplice casina che appartiene al gruppo dell’osservatorio astronomico di Val Vestino. Il gruppo è folto e collaudato, Andrea, il piccolo Andrea, Luca, Giovanni, Stefano, Loredana, Orietta, Sara, io e Mario il padre dell’osservatorio che ha gentilmente accettato quella pacifica invasione. Arriviamo nel tardo pomeriggio e dopo un saluto all’amica Lidia ed alla coppia che gestisce il rifugio, allestiamo la cena tra una risata e l’altra. Salame, risotto, carne ai ferri, dolci e vino a volontà ci fanno trascorrere una lunga serata di allegria. Il piccolo Andrea non è dei nostri, ha fatto amicizia con la bionda Lara, la bella figlia dei gestori del rifugio, ed è stato invitato alla loro festa. Si trasferisce quindi nell’altra ala del grande edificio che ospita sia noi che loro e trascorre così, alla tenera età di sei anni, il suo primo capodanno da solo, in società e con una femmina al fianco. Ah le nuove generazioni! Noi, dal canto nostro, ci divertiamo tra chiacchiere e cibo davanti ad un bel fuoco allegro. Il finale, un poco incandescente, ci è dato dalla bevuta nella grolla che riserva a Sara una sorpresa non proprio gradita ma che genera nuove risate. Verso l’una tutti a letto nei comodi sacchi a pelo sistemati sulle brande, alcuni al piano di sopra, io accanto al fuoco mentre Mario e Giovanni giù a guardia dell’osservatorio. Notte abbastanza corta, verso le otto infatti si affaccia alla porta d’entrata la sorpresa del primo dell’anno; sono i nostri grandi amici Davide e Marco che di buon mattino, partiti da Lumezzane sono i primi ad augurarci buon 2008. Grande amicizia la nostra.
Marina Livella
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